Detenuto positivo, giallo sul contagio:
dopo i test rapidi via anche ai tamponi

Detenuto positivo, giallo sul contagio: dopo i test rapidi via anche ai tamponi
di Mary Liguori
Martedì 7 Aprile 2020, 08:00
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È stata una notte lunga quella tra domenica e lunedì all’interno delle mura del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere. Una notte iniziata intorno alle 21 quando i detenuti del reparto Nilo, settore che ospita 300 reclusi comuni, hanno iniziato a picchiare con mestoli e scodelle contro le sbarre delle celle. L’inconfondibile frastuono ha raggiunto le orecchie dei detenuti del reparto più vicino, il Tevere, e in pochi minuti anche da questa seconda sezione si è levata la protesta che ha tenuto sulle spine, fino a mezzanotte circa, direzione penitenziaria e personale di polizia. Sono giorni di tensione a Santa Maria Capua Vetere. Il primo detenuto risultato positivo al coronavirus è stato nell’alta sicurezza dell’Uccella dal 5 marzo fino a sabato, quando lo hanno trasferito al Cotugno. Secondo i familiari aveva la febbre da dieci giorni. Da fonti ufficiali si è appreso che è stato disposto lo screening proprio per il persistere dell’alta temperatura corporea. L’uomo, un ex deputato siciliano sotto processo per presunti legami con le cosche mafiose catanesi legate al superlatitante Matteo Messina Denaro, è tutt’ora ricoverato nell’ospedale napoletano, ma non presenterebbe un quadro clinico preoccupante. 
 

 
 
I 190 test rapidi fatti eseguire dall’Asl già domenica hanno escluso che i reclusi dello stesso settore, 137, e gli agenti che hanno lavorato nel reparto nelle ultime settimane, 53 in tutto, abbiano a loro volta contratto il virus. Ma le autorità sanitarie hanno disposto anche i tamponi faringei, ottenendone dalla Regione 150, per escludere qualsiasi dubbio sebbene lo screening veloce, statisticamente, possa generare falsi positivi e difficilmente risulti ingannevole sulla negatività. I test faringei sono stati eseguiti su tutti i detenuti del piano in cui si trovava l’ex deputato siciliano trovato positivo fino a sabato, giorno del trasferimento al Cotugno. Se anche i tamponi escludessero la presenza di altri infetti, resterebbe il giallo del contagio del detenuto siciliano visto che, prima di lui, in carcere solo due sanitari sono risultati affetti dal virus ma mancano dal lavoro dal 7 marzo, vale a dire due giorni dopo l’arrivo del recluso in questione. A ogni modo, l’esito negativo dei 190 test rapidi non ha rasserenato gli animi. Ieri mattina, dopo alcune ore di tregua, i detenuti del Nilo hanno ripreso la protesta chiedendo di poter parlare con i magistrati della sorveglianza che, non senza difficoltà vista anche la carenza di personale di cancelleria in questa fase, lavorano ininterrottamente con le norme preesistenti per i domiciliari ai detenuti con patologie per dare una risposta che colmi le lacune del decreto «svuotacarceri», uno strumento inefficace in termini di sfoltimento della popolazione carceraria perché dipendente a doppio filo dai braccialetti elettronici di cui, in tutto il Paese, c’è grande carenza.
 
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Il grido dei detenuti non è caduto nel vuoto. A metà mattinata, i magistrati di sorveglianza Marco Puglia e Giuseppe Provitera si sono recati all’istituto di pena per incontrare una delegazione di reclusi. Con i magistrati, erano presenti il responsabile sanitario dell’istituto, Nicola Palmiero, e il vertice campano Giuseppe Nese, oltre, ovviamente, i vicedirettori della casa circondariale, Parenti e Rubino, e il comandante Gaetano Manganelli. Avrebbero dovuto essere presenti all’incontro otto reclusi, uno per ogni reparto, ma la delegazione è risultata molto più numerosa. L’incontro si è tenuto nei passeggi, uno spazio che consente il rispetto delle distanze di sicurezza, mentre dalle celle molti ospiti urlavano frasi inneggianti alla libertà. I magistrati hanno spiegato il lavoro in atto per alleggerire il numero di reclusi, i sanitari hanno cercato di tranquillizzarli rispetto agli iter che si stanno seguendo per tutelare la salute di ospiti e operatori di polizia, e la maggior parte dei detenuti si è mostrata comprensiva, ma gli ospiti del Nilo non si sono rasserenati e alcuni di loro hanno citato le politiche marocchine di svuotamento delle prigioni con la grazia concessa da re Mohammed a 5.654 detenuti. È stato spiegato che chiaramente, le condizioni, sanitarie delle carceri del nord Africa non sono le stesse di quelle italiane e che questo ha indotto il sovrano a liberarne un numero cospicuo. L’obiettivo dei detenuti è ottenere misure generali come un indulto o un’amnistia. Per questo, dopo il vertice, il clima si era tutt’altro che raffreddato. 
 

Proprio nell’ottica di una maggiore sicurezza, l’Asl ha quindi disposto che i detenuti che si trovano sullo stesso piano che ha ospitato fino a sabato il contagiato siano riesaminati. Due gli obiettivi: da un lato risalire alla eventuale catena di contatti che ha portato al contagio del detenuto ricoverato, dall’altro isolare tempestivamente altri ipotetici positivi. Va detto che i tamponi eseguiti sono 150 mentre nell’area in questione i reclusi sono circa il doppio, tuttavia si è proceduto allo screening secondo logica spaziale, vale a dire sull’intero piano dove si trova la cella dell’ex deputato. Per conoscere l’esito dei tamponi occorreranno perlomeno due giorni. 
 

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