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Autonomia, nel progetto Calderoli rispunta il “residuo fiscale”. Al Nord un pezzo di Irpef

Per finanziare il tresferimento dei servizi sarà prevista la "compartecipazione" ai tributi statali

Autonomia, nel progetto Calderoli rispunta il residuo fiscale . Al Nord un pezzo di Irpef
Autonomia, nel progetto Calderoli rispunta il “residuo fiscale”. Al Nord un pezzo di Irpef
di Andrea Bassi e Francesco Bechis
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 16 Dicembre 2022, 00:02 - Ultimo agg. : 07:47
4 Minuti di Lettura

Roberto Calderoli va avanti come un Caterpillar. Sull’autonomia differenziata ha un piano da portare a compimento entro un anno. E ieri lo ha illustrato in Parlamento. Ma, man mano che i tasselli di questo progetto emergono, i dubbi aumentano. Nell’audizione del ministro per gli Affari regionali, è affiorato il tema centrale dei soldi. Quelli che le Regioni del Nord chiedono per sé, e quelli che invece mancheranno nelle Regioni che oggi riescono a erogare meno servizi o servizi peggiori, soprattutto al Sud.

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Autonomia, al Nord un pezzo di Irpef

Partiamo dai primi. Un passaggio dell’audizione di Calderoli si può considerare illuminante. «Quanto al finanziamento dell’autonomia differenziata», ha detto il ministro, «sarà necessario adottare soluzioni (quali la compartecipazione a tributi erariali) che siano commisurate alla maggiore spesa che le Regioni interessate dovranno sostenere. Il criterio di quantificazione sarebbe, in vista della determinazione dei costi e fabbisogni standard», ha aggiunto ancora, «quello della spesa destinata a carattere permanente, fissa e ricorrente, a legislazione vigente, sostenuta dallo Stato nella Regione per l’erogazione dei servizi pubblici destinati a essere ceduti». Tradotto: le Regioni che chiedono l’Autonomia, Lombardia e Veneto, avranno bisogno di soldi per gestire i servizi trasferiti. E dove si troveranno quei soldi in più? Non nelle tasse locali, ma tra i tributi che oggi i cittadini di quelle Regioni versano allo Stato.

E intanto che si stabiliscano fabbisogni e costi standard, si andrà avanti comunque con la spesa storica per calcolare le risorse da trasferire dallo Stato centrale alle Regioni. Uscito dalla porta, rientra dalla finestra il vecchio refrain del residuo fiscale, quel principio leghista che vorrebbe lasciare sul territorio la gran parte delle tasse dei propri cittadini. La “secessione dei ricchi” insomma. A fronte di questo Calderoli promette in tempi brevi i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, quei servizi minimi da garantire a tutti i cittadini italiani a prescindere da dove vivono.

I Lep dovrebbero essere definiti entro un anno da una cabina di regia presieduta dal Presidente del consiglio, ma che può delegare il compito al ministro degli Affari Regionali (ossia lo stesso Calderoli). Se la cabina non riesce a concludere il lavoro, i Lep sarebbero stabiliti da un commissario. Ma ci sono due enormi falle in questo progetto. La prima è che i Lep non sono finanziati. Non c’è nemmeno un euro per chiudere il gap tra Nord e Sud nei servizi. Non solo. L’intenzione è di lasciare la loro determinazione solo ai tecnici, escludendo totalmente il Parlamento attraverso l’uso dei Dpcm invece che di decreti o altri atti modificabili. L’autonomia intanto entra nel dibattito sulla manovra. Ed è nel fascicolo di emendamenti presentato dalla Commissione Affari finanziari della Conferenza Stato-Regioni che si trova un monito sul progetto: «La definizione dei Lep deve prescindere dalla spesa storica».  La stoccata è rivolta all’articolo 143, dove i Lep sono definiti come «soglia della spesa costituzionalmente necessaria che costituisce il nucleo invalicabile per erogare le prestazioni» e al tempo stesso si specifica che le prestazioni sono determinate nell’ambito degli stanziamenti a bilancio «a legislazione vigente». 


IL MONITO
Due affermazioni, tuonano le Regioni, che «sembrano in contraddizione tra di loro» perché, appunto, l’articolo lega la definizione delle prestazioni alla spesa storica, cioè l’ammontare effettivamente speso da ogni regione in un anno per offrire servizi ai cittadini. Un criterio che di fatto cristallizza la distribuzione delle risorse e, quasi sempre, premia il Nord, dove in media i servizi pubblici sono più sviluppati e dunque la spesa è maggiore, a discapito del Sud. È questo il rilievo mosso dalle Regioni del Mezzogiorno e anche all’interno della maggioranza alla bozza di Ddl sull’autonomia presentata da Calderoli. Che prevede il trasferimento delle funzioni sulla base della spesa storica qualora entro un anno non vengano definiti i Lep.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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