L'accordo sul salario minimo in Europa potrebbe rappresentare una rivoluzione nel mondo del lavoro. L'intesa tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione stabilisce un quadro procedurale per promuovere salari minimi «adeguati ed equi» in tutta l'Ue, ma senza obbligo di applicazione per i Paesi membri. Ecco una serie di domane e risposte per capire meglio cosa potrà cambiare.
Salario minimo in Italia
In Italia non c'è una legge sul salario minimo. Recentemente il tema è tornato d'attualità anche in Parlamento, ma la proposta presentata nel 2018 dell'ex ministra Catalfo (M5s) è rimasta ferma in commissione Lavoro al Senato, a causa delle tante divergenze di vedute della maggioranza.
La proposta di Catalfo
Il punto centrale della proposta, quello che rinfocola lo scontro tra centrodestra e centrosinistra, è l’importo del salario di base: 9 euro netti come base oraria, a cui non è possibile derogare. Un tetto minimo attualmente non riconosciuto, secondo l’Inps, a circa 4,5 milioni di lavoratori, quasi il 30 per cento del totale.
La situazione attuale
Ipotizzando una soglia minima di 9 euro lordi l'ora, secondo alcune proposte presentate in Parlamento, sarebbero il 18,4% i lavoratori ad aver diritto ad un aumento, secondo i dati Inps. Quota che scende al 13,4% se la soglia fosse di 8,5 euro e al 9,6% se a 8 euro. Dati che sono generati soprattutto dai tanti lavoratori precari.
A chi spetterebbe il salario minimo?
L'irregolarità dei salari riguarderebbe soprattutto i lavoratori del settore agricolo e domestico. Secondo una ricerca Adapt di Michele Tiraboschi e Silvia Spattini, l'«irregolarità è pari rispettivamente al 39,7% e al 58,6% delle unità di lavoro equivalente a tempo pieno». Inoltre, secondo quanto affermano i ricercatori che hanno utilizzato dati Inps e Istat, i contratti firmati da Cgil, Cisl e Uil coprono 12,5 milioni di lavoratori dipendenti privati, cioè il 97% della platea potenziale.
Gli effetti del salario minimo
Il salario minimo come è stato prefigurato in Italia, rappresenterebbe una svolta soprattutto per i lavoratori che non sono coperti da contratto e che rappresentano una percentuale bassa rispetto ai lavoratori regolari. Se si fissasse un tetto minimo anche a tirocinanti, collaboratori, lavoratori occasionali, il discorso sarebbe completamente diverso.
Cosa cambia con la direttiva Ue
L'accordo raggiunto a Strasburgo è un passo importante, ma non produrrà effetti nei Paesi membri. Almeno, non nell'immediato. Ogni governo può scegliere in materia indipendente. In prima linea a spingere per un’accelerazione c’è l’ex premier Giuseppe Conte. «Se per alcuni politici è normale che si prendano paghe da fame, di 3-4 euro lordi l'ora, allora diciamo che la politica del Movimento 5 Stelle non è questa – la linea del presidente pentastellato – Non saremo soddisfatti fino a quando non approveremo il salario minimo». Per il momento però, l'accordo è lontano.
Chi a favore e chi contro
Il Movimento 5 Stelle spinge più di tutti per un accordo sul salario minimo. D'accordo anche il Partito Democratico e Azione, il partito di Carlo Calenda. Sul fronte opposto, tra i più critici sulla misura si schiera Renato Brunetta, ministro della pubblica amministrazione e autorevole esponente di Forza Italia. Contraria anche la Lega, ma più possibilista.
Quando può essere approvato
Per avere la legge sul salario minimo in tempi brevi in Italia, bisognerà trovare una accordo tra le forze di maggioranza. Alla fine, non è escluso che il ruolo di mediatore tra le diverse posizioni possa toccare al governo, proprio come successo nella partita del dl concorrenza. Ma per il momento, messe a verbale anche le dichiarazioni di segno opposto dei ministri (favorevole il responsabile delle Infrastrutture Enrico Giovannini, contrario Brunetta) l’esecutivo guidato da Mario Draghi non pare intenzionato a scendere nella contesa. Il rischio, stando a quanto filtra da Palazzo Chigi, sarebbe quello di inasprire ancora di più lo scontro tra i partiti che reggono la maggioranza.
I passaggi dopo l'accordo
Dopo l'intesa tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione, la direttiva dovrà essere approvata dalla plenaria del Parlamento europeo e poi dal consiglio. Una volta pubblicata in Gazzetta Ufficiale, gli Stati membri avranno tempo due anni per recepirla.