Premio Messaggero per i giovani Il preside: «Corsi per i ragazzi fragili è l’insegnamento di Willy»

Premio Messaggero per i giovani Il preside: «Corsi per i ragazzi fragili è l’insegnamento di Willy»
Premio Messaggero per i giovani Il preside: «Corsi per i ragazzi fragili è l’insegnamento di Willy»
di Lorena Loiacono
Giovedì 11 Febbraio 2021, 08:18 - Ultimo agg. 17 Febbraio, 21:23
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I fatti di cronaca più violenti, come la tragica morte di Willy Monteiro, entrano nelle aule di scuola attraverso i dibattiti in classe: così i docenti riescono a far riflettere i giovani.
Stefano Sancandi, dirigente scolastico del liceo scientifico Primo Levi, nella sua scuola avete parlato della brutale aggressione al giovane di Colleferro?
«Sì, quando accadono queste cose i docenti entrano in classe con i giornali: è un modo per parlarne e affrontare un tema molto delicato. Partiamo da questi fatti di cronaca o dalla lettura di romanzi giovanili, per far emergere i problemi esistenziali che, nell'età adolescenziale, si fanno sentire».
Come li affrontate?
«Abbiamo organizzato dei corsi specifici sulle tematiche del bullismo e della violenza, delle dipendenze e dei dolori per così dire d'amore, con la polizia ma anche con una psicologa».
Avete lo sportello psicologico?
«Sì, una specialista che ascolta i ragazzi sui disagi esistenziali. E' un servizio importante, che abbiamo fortemente voluto: lo paga la scuola».
Anche nei temi ci sono anche confessioni spinose?
«Sì, i docenti trovano confessioni delicate, accade di frequente soprattutto per i ragazzi più timidi: con la scrittura sperano che qualcuno li legga e il professore è lì per quello».
I ragazzi hanno voglia di scrivere?
«Gli adolescenti hanno bisogno di essere ascoltati e potersi raccontare in un testo scritto, ad esempio, li stimola a farlo. La scrittura permette di far uscire quello che altri esercizi, anche scolastici, ad esempio non fanno».
Sono pronti per farlo?
«Certo, hanno un'età in cui vogliono farlo: poter parlare di sé, anche se si tratta di un argomento meno scolastico, li fa sentire presi in considerazione come persone».
E come si sentono loro?
«A questa età, nell'adolescenza, non sanno chi sono. Fanno fatica a dire qualcosa di sé e la scrittura, in questo, li aiuta perché è un mondo che produce tanti buoni effetti. In particolare ce ne è uno, che in questa età critica è fondamentale».
Quale?
«Quando un ragazzo si ritrova a raccontarsi, scrivendo, ha la possibilità di definire qualcosa di sé in maniera più chiara. E' un processo che viene fuori un passo alla volta: le tante sfaccettature del carattere, tipiche dell'età adolescenziale, devono essere cristallizzate solo per il fatto di scrivere come ci si sente».
Quindi che cosa accade?
«Il ragazzo, scrivendo, elabora una posizione: la sua. Assume la cognizione di sé e del mondo, che non pensava di avere, che non conosceva. E questo è fondamentale».
È un processo creativo a tutti gli effetti?
«Sì ed è anche un processo di sviluppo, che porta alla percezione di sé: si passa dal io so tante cose al io costruisco qualcosa. Ci si riesce solo mettendo a fuoco quello che si vuole dire».
È un modo per fare chiarezza in se stessi?
«Sì, è così. Lo è per tutti ma per i giovani è ancora più importante: imparano a conoscersi. Inoltre, scrivendo, si aggiungono elementi che prima non c'erano o, meglio, che prima non erano visti. Il pensiero è sempre la creazione di qualcosa».
La voce non basta?
«No, a volte non si ha nemmeno il coraggio di dirle, certe cose. E allora io, parlando con gli studenti, li invito a scrivere: invece di dirlo, scrivilo. È un gesto fortissimo che produce un vero effetto educativo, oltreché formativo, della persona».
Un tema in classe può avere questa forza?
«Sempre. Basta trovare l'argomento giusto: qualsiasi cosa ci invita a pensare, a tirar fuori qualcosa soprattutto se siamo invitati a parlare di noi stessi. Scrivendo scopriamo anche cose che non sapevamo, di noi stessi».
Un testo scritto, poi, viene anche letto?
«Sì, si tratta di una tecnica da usare in tanti modi: leggere un testo ad alta voce davanti agli altri e, in questo caso, davanti ai compagni di classe, è importante perché vuol dire che qualcuno ci sta ascoltando».

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