Incidente bus a Capri, il papà dell'autista morto: «Piena fiducia nella giustizia»

A due anni dal drammatico incidente a Marina Grande

Emanuele Melillo, l'autista morto a Capri
Emanuele Melillo, l'autista morto a Capri
di Giuliana Covella
Lunedì 24 Luglio 2023, 17:30 - Ultimo agg. 25 Luglio, 10:52
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«Dobbiamo andare avanti, nessuno ci restituirà nostro figlio, ma il processo è ancora in corso e siamo certi che si arriverà alla verità». Nazareno Melillo è il padre di Emanuele, il giovane autista dell’Atc di Capri che perse la vita nell’incidente del 22 luglio 2021 a Marina Grande.

In attesa della prossima udienza del procedimento giudiziario in cui sono imputate tre persone (sarà il 28 settembre) per il reato di tentata strage, il papà del 32enne napoletano si dice «pienamente fiducioso nei giudici della Procura di Napoli» (la famiglia della vittima è rappresentata legalmente da Giovanna Cacciapuoti), ma invoca una «giustizia sociale perché non accada più che un lavoratore esca al mattino per andare a fare il proprio dovere e non torni più a casa per errori banali, come quello della ringhiera che era pericolante e per la quale mio figlio ha eseguito una manovra difficile per salvare 23 persone sacrificando la sua vita». 

Sabato mattina Nazareno è andato al cimitero di Poggioreale per ricordare Emanuele, mentre la mamma insieme a un’altra figlia si è recata sull'isola a portare fiori sul luogo della tragedia.

«Il nostro dolore è immenso - dice papà Melillo - ma la giustizia deve fare il suo corso.

Non solo per noi familiari, ma anche per l’opinione pubblica affinché non si ripetano episodi simili».

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Intanto tutti ricordano Emanuele a due anni dalla morte. Di lui si ricordano soprattutto «il sorriso e la gentilezza», sottolinea il padre, che rammenta in particolare «un’anziana claudicante che piangeva durante l’omelia quando lui morì e ci raccontò che, ogni volta che prendeva l’autobus, Emanuele si fermava, scendeva e l’aiutava a salire. Poi quando lei andava via lui la salutava mandandole baci e facendole il segno del cuore». O come i dipendenti degli uffici del Molo Beverello, dove il giovane autista parcheggiava la vespa prima di imbarcarsi per andare a lavoro, come ricorda suo fratello Marco: «era grigia e decorata in stile anni ’80. Quando arrivava suonava il clacson, i suoi amici si affacciavano e lui li salutava. Dopo la sua scomparsa sono andato a riprenderla, quei ragazzi mi hanno visto e hanno pianto tutti».

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