I medici in servizio al pronto soccorso? Pochissimi. Tanto pochi che a dicembre, numeri alla mano, si rischia di non riuscire a organizzare ben 38 turni di lavoro. Una iattura per un presidio di emergenza, quello del Santa Maria della Pietà di Nola, che dall'inizio dell'anno ad oggi ha contato oltre 47mila prestazioni, che in media fanno 140 accessi al giorno. D'altra parte l'utenza è di quelle imponenti visto che il pronto soccorso è riferimento per una popolazione che conta oltre 600mila abitanti e che l'alternativa più vicina, all'interno dell'Asl Na 3 Sud, è rappresentata dal nosocomio di Castellammare di Stabia.
Eppure in trincea, quando va bene, ci sono tre medici per turno, quando va male soltanto due.
Nulla cambierà, invece, per la carenza di medici, ormai atavica e riconducibile a una «crisi vocazionale» dei professionisti. Ne fanno le spese, a Nola, gli irriducibili 11 medici (8 strutturati e 3 reclutati attraverso convenzioni e contratti a tempo) che si barcamenano non solo tra i numerosi turni scoperti, ma anche tra la folla di pazienti che con la carenza di posti letto nei reparti ordinari, restano in pronto soccorso anche quando dovrebbero essere trasferiti in corsia. Il danno e la beffa visto che a carico dei (pochi) medici in servizio resta pure la responsabilità della terapia.
È questo il motivo per il quale, un giorno sì e l'altro pure, fuori dal pronto soccorso, le ambulanze restano in attesa per ore di poter riprendere il servizio, ma non possono farlo perché le barelle vuote, in assenza di letti dove poter accogliere gli ammalati, non tornano indietro. Non è raro vedere anche oltre cinque mezzi di emergenza fermi davanti al pronto soccorso. Problema nel problema per una domanda di salute che rischia di non poter essere esaudita. In questo caso un cittadino colpito magari da una crisi cardiaca oppure vittima di un incidente non avrebbe altra scelta che, laddove possibile, correre al pronto soccorso con mezzi propri.
In questo contesto non va meglio per i pazienti in codice verde, il meno grave tra gli alert attribuiti in fase di triage: ci sono persone che attendono anche sei ore per ricevere assistenza. Per non parlare dei traumi ossei: a parità di condizioni, chi magari si rompe una gamba durante la mattinata di un giorno feriale riceve diagnosi e cure tempestive. Guai a spezzarsi un osso il sabato e la domenica, per giunta di pomeriggio: il trasferimento rappresenterebbe l'inevitabile soluzione. Posti letto disponibili permettendo.