Pompei: lavori al Teatro Grande, dopo 14 anni reati prescritti

Il restauro costò 5 milioni invece dei 500mila euro previsti: tra gli imputati il commissario Marcello Fiori

Il Teatro Grande di Pompei
Il Teatro Grande di Pompei
di Dario Sautto
Giovedì 18 Maggio 2023, 23:45 - Ultimo agg. 20 Maggio, 15:59
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Quattordici anni possono bastare. Lì dove la Corte dei Conti in sede d’appello ha riscontrato danni erariali notevoli, la prescrizione salva tutti i presunti responsabili dello spreco di fondi pubblici per il restauro «da villaggio turistico» del Teatro Grande degli scavi di Pompei. Ieri pomeriggio, il tribunale di Torre Annunziata (presidente di collegio Francesco Todisco) ha deciso di dichiarare prescritte tutte le accuse per tutti gli imputati, che pure avevano chiesto l’assoluzione nel merito, dunque senza entrare nel merito delle singole contestazioni. Forse lo faranno in sede di motivazioni.

I fatti risalgono al 2009, quando l’area archeologica di Pompei fu inserita nella lista delle «emergenze» gestite dalla Protezione Civile, con il governo guidato dall’allora premier Silvio Berlusconi che nominò una struttura commissariale per spendere (velocemente) i fondi in cassa per i restauri. Tutto avvenne prima della stagione dei crolli e della gogna mediatica mondiale, dunque prima che si avviasse il percorso verso il Grande Progetto Pompei che poi ha portato finalmente al rilancio del sito archeologico oggi più visitato in Italia. 

Accusati a vario titolo di truffa ai danni dello Stato, frode e abuso d’ufficio, gli imputati hanno visto prescriversi via via tutte le accuse. E da ieri, anche i giudici hanno dichiarato l’estinzione dei reati, come richiesto in aula dal pm Emilio Prisco. Tra gli imputati spicca ovviamente il nome di Marcello Fiori, che nel 2009 fu chiamato a gestire per la Protezione Civile la cosiddetta «emergenza Pompei». Fiori è dirigente di Forza Italia ed è stato uomo di fiducia di Guido Bertolaso e Renato Brunetta.

Secondo l’accusa, lo spreco di fondi pubblici servì per favorire la ditta «Caccavo srl», specializzata in restauri, incaricata del restyling del Teatro Grande e – su deroga del commissario Fiori – anche degli allestimenti che avrebbero permesso la messa in scena di un cartellone di spettacoli in collaborazione con il San Carlo. 

Per velocizzare l’iter, tutto sarebbe avvenuto con affidamenti diretti pagati con conti salatissimi, tanto che il restauro del Teatro Grande – dall’iniziale aggiudicazione dell’appalto per poco meno di mezzo milione di euro – arrivò a costare almeno 5 milioni. Imputati con Fiori, infatti, ci sono proprio la titolare della ditta esecutrice di quei lavori, Annamaria Caccavo, e poi i diversi tecnici e responsabili Antonio Costabile (ingegnere, progettista esterno per gli impianti elettrici), Luigi D’Amora (direttore), Lorenzo Guariniello (progettista esterno della struttura commissariale), Salvatore Palazzo e Vincenzo Prezioso (ingegnere, progettista esterno per le strutture); e la Caccavo srl, l’azienda che eseguì le opere. 

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Durante le indagini dei finanzieri del Gruppo di Torre Annunziata, il teatro di epoca romana finì sotto sequestro della Procura oplontina insieme a tutte le attrezzature. Gli imputati erano difesi, tra gli altri, dagli avvocati Ferdinando Striano, Gennaro Bartolino ed Efisio Figus Diaz. 

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