Nisida, l'isola sfregiata: «Così rifiuti e abusivi offuscano un paradiso»

Viaggio del Mattino nell'area di Coroglio slalom tra materassi e mobili abbandonati

Nisida
Nisida
di Davide Cerbone
Venerdì 11 Agosto 2023, 11:00 - Ultimo agg. 12 Agosto, 09:14
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Il paradiso è dietro l'angolo: se vuoi vederlo, devi solo venire a cercarlo. L'angolo è quello che separa - o meglio, congiunge: questioni di punti di vista - via Coroglio e via Nisida. Pochi passi, e tutto intorno vedi mare. Mare, e ancora mare. «Mare fuori», come quello della serie tv che spinge fin qui tele-turisti e curiosi da tutto il mondo. In questo lembo di terra baciato dal cielo, però, non sono da recuperare soltanto i giovani "muschilli" esiliati sull'isolotto. Ad inquinare il paesaggio, in tutti i sensi (quello visivo e olfattivo in primis), è l'affaccio sulla montagna di rifiuti che punteggia come un penoso filo d'Arianna un percorso lungo il quale incontri edifici inagibili - eppure regolarmente frequentati - e una spiaggia non balneabile popolata di persone, con tanto di servizio bar. Un inno all'abusivismo.

Un degrado che il sole d'agosto illumina impietoso, facendo imputridire in poche ore i mucchi di "monnezza" accatastati agli angoli della strada. Ce n'è uno enorme sotto una palazzina diroccata che affaccia sull'incanto del golfo e farebbe l'invidia di molti. «Una volta ospitava un cantiere navale, ma è dagli anni 80 che sta così», riferisce Vincenzo Dario, uno dei gestori del bar Naif. Sotto la rete di contenimento, il cartello sul muro avverte: «Divieto di accesso. Pericolo in corso». Ma il pericolo è «in corso» da tempo immemorabile. Tanto che l'acqua ha divorato la base delle colonne e la rampa che era oltre il cancello si è sgretolata nel mare.

«I ragazzini scavalcano per fare i tuffi da lì sopra: è pericolosissimo, diversi di loro si sono fatti male», dice il gestore del bar. La stessa sorte è toccata al Lido Pola, epicentro delle notti d'estate negli anni 90. Oggi il portoncino di ferro al civico 24 di via Nisida si apre sui calcinacci di una scalinata sgarrupata. Più a destra, resiste la rotonda spalancata sul mare che guarda Procida. Chiuso circa trent'anni fa, il Lido è stato prima uno stabilimento balneare, poi un locale notturno e un ristorante.

Dopo l'abbandono, ha preso casa qui il movimentismo della Napoli occidentale: con il Centro sociale Iskra e il collettivo Bancarotta, le porte si sono riaperte. «12 luglio 2023, ore 20.30, Lido Pola Bene Comune. A seguire, cena sociale», si legge su un piccolo manifesto appiccicato con lo scotch sulla porticina di metallo.

«Lo hanno un po' ripulito, ma quel posto è fatiscente e pericolante - avverte il gestore di un locale del posto -. Soprattutto nei fine settimana, organizzano feste con oltre cento persone e biglietto di ingresso, tirando fino a notte fonda. Scendono con birre, alcolici e casse da dj, aprono un vero e proprio locale abusivo. Al di là del business illegale, è una situazione rischiosa: lì sotto è tutto fradicio, prima che qualcuno ci rimetta la pelle, bisognerebbe intervenire». Se ti domandi sotto il Lido Pola che ci sta, basta abbassare lo sguardo al livello dei piedi: vere e proprie catacombe traboccanti di rifiuti stoccati. Dentro, a presidiare per il collettivo Bancarotta l'ex discoteca ci trovi Martina. «C'è di tutto: materassi, sacchetti, lavatrici, elettrodomestici. Da anni, i locali del quartiere vengono a sversare qui. I rifiuti occupano il piano interrato per centinaia di metri quadri», si rammarica. E spiega che gli unici a fare qualcosa per sovvertire il declino sono loro: «A maggio abbiamo festeggiato dieci anni di presenza al Lido Pola. Sì, organizziamo eventi per autofinanziare le nostre attività di recupero della struttura», spiega la volontaria.

Anche la tintarella qui è fuorilegge. A Cala Badessa, la spiaggia sulla quale incombe il costone di Posillipo dovrebbe essere deserta. Invece, sotto la grande tabella gialla fissata sulla roccia che avverte «Attenzione, pericolo. Specchio acqueo interdetto. Aria di mare demaniale interdetta», i bagnanti continuano a raccogliersi incuranti. È il mare della Napoli popolare, un lido Mappatella traslato di qualche chilometro ad Ovest. A suggellare la riappropriazione, in questo paradiso proibito solo sulla carta continua a prosperare una piccola economia di quartiere: open bar con drink e aperitivi, noleggio di kajak e gommoni, di ombrelloni e sedie a sdraio. «Avevano costruito un muro di cemento per inibire l'accesso alla spiaggia, lo hanno abbattuto. Le famiglie di Bagnoli con queste attività ci campano da generazioni», spiega un abitante del posto.

«Nisida è un'isola e nessuno lo sa», solfeggiava sulle onde di un motivetto reggae agrodolce Edoardo Bennato, che di Bagnoli è figlio e già quarant'anni fa sentenziava in musica: «Nisida è un classico esempio di stupidità». In questo eden a portata di Cumana, oggi approdano le barche che vanno e vengono da Capri, Ischia e Procida. Chi torna dalla gita a pelo d'acqua, arrivato al porticciolo, si disfa come può dei resti del pasto consumato a bordo. «Fino a pochi giorni fa venivano tutti a depositare qui i sacchetti perché non c'erano i bidoni. Adesso che la gestione è passata dall'Asia alla Sapna, ci hanno imposto i secchi per la differenziata, minacciando multe per chi trasgredisce - raccontano alla Lega Navale -. Ma se gli ormeggiatori sono in gran parte abusivi - domandano -, come facciamo a controllare se quelli che lasciano l'immondizia per terra sono nostri iscritti?». Al bar Naif oppongono gli stessi argomenti: «I bidoni non li volevamo, c'è il rischio di pagare per i rifiuti che non produciamo. Noi spazziamo tutte le mattine. Con la nuova società che si occupa della raccolta di rifiuti nelle aree portuali, le cose sono migliorate. Ma fino a pochi giorni fa qui era un inferno: per non soccombere nella sporcizia, caricavamo i sacchi in auto e li smaltivamo nelle campane di via Cattolica».

Gennaro Giamia, uno dei titolari del Naif, mostra le foto che ha scattato col cellulare. «Guardate, tra i sacchetti c'era anche un topo morto. A pochi metri dal nostro ristorante», si indigna. L'inciviltà dei bagnanti, comunque, resta. «Soprattutto il sabato e la domenica sbarcano centinaia di persone, e ognuno porta il suo contributo», racconta Fabiana, che lavora al Nero cafè. Accanto ad una delle stazioni di questa via crucis del pattume incontri tre ragazze americane. «Volevamo vedere il posto di "Mare fuori": è magnifico, peccato che sia tenuto male. Da noi brillerebbe», assicurano.

In compenso, la notte di Coroglio brilla di luci riflesse: quelle dei fari delle auto incolonnate alla ricerca di un posto. A raccontare le invasioni barbariche che infestano la zona è Giovanni, che qui vive e lotta da cinquant'anni. «Negli 800 metri lineari che vanno da discesa Coroglio a via Nisida sono state rilasciate licenze per dieci discoteche. E non c'è un'area di sosta», fa notare. Manco a dirlo, la strada diventa il regno dei parcheggiatori.

«Per loro è una pacchia: di sera pretendono 5, anche 10 euro a auto», continua esasperato. Da Coroglio a cordoglio, insomma, è un attimo. «Nel fine settimana, e in estate quasi tutti i giorni, noi residenti siamo sepolti vivi in casa rafforza il concetto un altro residente -. Se esci, al ritorno non trovi un posto per parcheggiare. Le istituzioni si sono dimenticate di noi, ci sentiamo abbandonati». Laggiù, sul pontile che si allunga verso Nisida, i ragazzi del quartiere hanno dipinto di rosso, giallo e azzurro l'orizzonte della speranza: «Questa terra è tua, amala e difendila», hanno scritto sul muro che costeggia il mare. Ma quell'appello, finora, è rimasto inascoltato.

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