Covid, picco di polmoniti a Napoli, a rischio non solo i fragili: «Vaccini ancora al palo»

Al Cotugno incremento dei ricoveri, indagini sull’origine dei ceppi virali

L'ospedale Cotugno
L'ospedale Cotugno
di Ettore Mautone
Martedì 12 Dicembre 2023, 23:53 - Ultimo agg. 14 Dicembre, 07:01
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Nell’ultima settimana si è registrata un’impennata di casi Covid in città mentre la campagna vaccinale procede molto a rilento: in tutto 5mila i richiami effettuati dagli inizi di ottobre. Contagi in aumento, percentuali di positivi rispetto ai pochi tamponi in crescita. Al Cotugno, i posti letto occupati da casi di infezione da Sars-Cov-2 sono raddoppiati nell’arco di due settimane (passati da 10 a 20).

I pazienti sono soprattutto i soggetti fragili, minati da altre patologie, mentre l’unità operativa di Malattie infettive del policlinico Federico II è perennemente satura (9 posti letto), da metà novembre. Infezioni che in alcuni casi danno luogo anche a polmoniti bilaterali come non se ne vedevano da mesi e sporadicamente non solo in pazienti fragili e anziani tanto che al Cotugno si sta pensando di procedere a tipizzare geneticamente i ceppi responsabili di questi casi più gravi. Quadri che, tuttavia, non destano un particolare allarme epidemiologico ma che fanno accendere le prime spie rosse di una rete di cura che deve fare i conti con una campagna vaccinale che finora è andata avanti col contagocce e che dovrà sostenere, da qui a gennaio, anche la recrudescenza dell’epidemia stagionale da influenza che si presenta con gli stessi sintomi. Uno dei pazienti con polmoniti ricoverati al Cotugno ha una infezione da virus H1N1, ceppo tra i più pericolosi dell’influenza. 

«Al momento registriamo effettivamente un certo incremento del numero di pazienti ricoverati per Covid con diverse positività - spiega Giuseppe Fiorentino, direttore sanitario aziendale dell’Azienda dei colli - ma va detto che sui territori vengono segnalati molti contagi asintomatici e tampone positivo o con una sindrome simile a quella influenzale. Spesso quelli che ricoveriamo sono i pazienti più fragili e immunodepressi, con molte comorbidità, tanti oncologici con leucemie, stati di immunodepressione per altre patologie ma l’espansione dei casi è ampia e la non obbligatorietà del tampone non permette una mappatura di tutti i pazienti e la protezione dei nuclei più esposti». Attualmente al Cotugno ci sono una ventina di ricoverati.

Al pronto soccorso del Cotugno negli ultimi giorni sono 2 o 3 i casi che chiedono un tampone e una diagnosi, quasi tutti rientrano a casa per una terapia ormai standardizzata, e per alcuni malati si prescrivono gli antivirali ma ieri su 6 pazienti 2 erano con polmonite. 

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Sono circa 18 mila in tutta la regione le dosi di sieri anti-Covid somministrate dagli inizi dello scorso ottobre in tutte le province campane. Una quota percentualmente molto bassa che copre solo lo 0,8% della platea degli ultra 80enni e l’1,2% degli ultra 60enni. Di queste a Napoli ne sono state somministrate in tutto 5.708, nella stragrande maggioranza quinte dosi (3.965) ed ovviamente alle fasce d’età più suscettibili (dai 60 anni in poi). Di queste poco più di 4 mila da parte dei medici di famiglia e il resto tra farmacie e centri vaccinali dei distretti. Più consistente la fetta di inoculazioni per l’influenza: in tutta la regione ammontano a poco più di 717mila dagli inizi di ottobre divise quasi a metà tra maschi e femmine di cui oltre 698mila fornite dai medici di famiglia, 5.965 somministrate in farmacia, 12.709 inoculate al centro vaccinale. A Napoli la vaccinazione antinfluenzale ha riguardato invece 104.782 persone, 100.418 si sono recate presso medici e pediatri di famiglia (molte anche a domicilio), 4.364 nei centri vaccinali e nessuna in farmacia.

«Oggi per la prima volta da settimane - avverte Pina Tommasielli, medico di medicina generale vaccinista (c’è un centro attrezzato nella rete del medici di base in ogni quartiere) abbiamo avuto un picco di richieste di vaccinazione anti-Covid. Noi suggeriamo anche di effettuare i tamponi e controllare gli anziani in famiglia che in caso di infezione rischiano di più. Avere tempestivamente una diagnosi consente di utilizzare gli antivirali».

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