Detenuto morto nel carcere di Poggioreale: quel buco di 12 ore

La Procura di Napoli procede per omicidio

Giallo nel carcere di Poggioreale
Giallo nel carcere di Poggioreale
di Giuseppe Crimaldi
Sabato 6 Gennaio 2024, 22:55 - Ultimo agg. 7 Gennaio, 21:21
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Una morte piena di misteri e di sospetti. L’emergenza carceraria a Napoli saluta il nuovo anno nel modo più lugubre: con la morte di un giovane detenuto a Poggioreale. In una cella della casa circondariale, alla vigilia dell’Epifania, è stato trovato il corpo senza vita di Alexandro Esposito, 33enne di Secondigliano che era in attesa di giudizio e scontava la carcerazione preventiva all’interno del Padiglione Napoli.

Quando è scattato l’allarme per il giovane non c’era già più niente da fare. Inutili i tentativi di rianimarlo: al medico dell’Asl intervenuto alle 9,45 di venerdì non è rimasto che certificare l’avvenuto decesso e inviare gli atti in Procura. Ed ora, per le ragioni che vedremo di qui a un momento, crescono le domande e i dubbi su come Alexandro sia morto. Tanto per cominciare, c’è un dettaglio importantissimo nella essenziale relazione vergata a mano dal medico intervenuto sul posto per certificare l’avvenuto decesso.

«Quando sono intervenuto - si legge - ho trovato il paziente riverso su una barella all’esterno dell’infermeria del piano terra in procinto di essere trasportato.

Il paziente era in rigor mortis». Il corpo senza vita era dunque già rigido: segno evidente che la morte era intervenuta diverse (se non addirittura) molte ore prima, e comunque in un arco temporale che va dalle 18-19 della sera precedente alla scoperta fatta solo dopo le otto del mattino successivo (e non prima delle 9,20). 

Quella occupata da Esposito - che era ospite di Poggioreale in attesa della celebrazione del terzo grado di giudizio che lo vedeva imputato per reati comuni, un travaglio scandito dalla tossicodipendenza che aveva portato gli stessi familiari, esasperati, a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine - è una cella che ospitava almeno altre due persone. Possibile che di fronte a un improvviso malore del 33enne nessuno dei suoi compagni di cella si sia accorto di nulla, che non sia stato svegliato dai lamenti? 

C’è anche un secondo dettaglio riportato sempre dal medico del presidio sanitario dell’istituto “Salvia” di Poggioreale: nel riportare la ricognizione sul corpo senza vita, il dottore certifica che Esposito presentava anche “materiale scuro liquido che fuoriusciva dal cavo orale? Sangue? Altro materiale organico? I successivi accertamenti scientifici sulla salma avrebbero anche evidenziato i segni di un forte ematoma sul corpo. Indagini coordinate dalla Procura di Napoli. Dall’autopsia che si svolgerà lunedì dovrebbero arrivare dunque conferme a i sospetti che nessuno ufficialmente ha il coraggio di chiamare con il loro nome: omicidio. Sì, perché, almeno da un primo quadro a disposizione, si tende a escludere che Alexandro Esposito possa essere morto per cause naturali o per suicidio. E a questo punto le nebbie del mistero non possono che addensarsi all’interno di quella maledetta cella, le cui mura e i cui occupanti restano gli unici custodi della verità. Già ascoltati tre giorni fa, verranno interrogati di nuovo nelle prossime ore.

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Come sempre accade in questi casi, oltre all’indagine giudiziaria ordinaria è stata disposta una seconda inchiesta, amministrativa e interna al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Va detto che proprio per far fronte a una serie di carenze ataviche e strutturali di Poggioreale (definito il carcere più sovraffollato d’Italia, e forse d’Europa) il ministero della Giustizia, con il Dap e grazie a una gestione intelligente e concreta del direttore Carlo Berdini sta faticosamente risalendo la china. Lavori di rifacimento di alcuni padiglioni sono già stati portati a termine, ed altri in via di realizzazione (tra questi, anche il settore del settore “Napoli”, nel quale era detenuto Esposito. I sindacati di Polizia Penitenziaria ritornano sulle gravi carenze che affliggono il pianeta carcerario: e domani la sigla SPP alle 10,30 ha convocato una conferenza stampa davanti al “Salvia”. «Ieri - spiega il garante regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello - mi sono fermato a riflettere e pregare davanti la cella dov’è stato trovato morto Alessandro, ho parlato con i suoi due compagni di cella, con gli altri del reparto, moltissimi malati, tre su una sedia a rotelle. Le indagini in corso chiariranno le cause della morte. Le carceri italiane e campane sono piene di detenuti tossicodipendenti e malati psichici denunciati dai familiari. L’assenza dei servizi, il fallimento in alcuni casi di Sert e Dipartimenti di salute mentale è sotto gli occhi di tutti. Servono politiche attive di inclusione sociale. Sentiamoci tutti un po’ responsabili di queste morti e di queste solitudini».

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