Giuramento di Ippocrate a Napoli, le voci dei medici in prima linea contro il Covid

Giuramento di Ippocrate
Giuramento di Ippocrate
di Emma Onorato
Lunedì 15 Novembre 2021, 18:30 - Ultimo agg. 16 Novembre, 07:15
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Una promessa che ha solo sigillato quel che i giovani medici di Napoli hanno dimostrato sul campo in questi due anni; i principi del giuramento di Ippocrate, che da oggi li consacra a praticare la professione medica, in realtà fanno già parte del loro bagaglio esperienziale. La laurea abilitante ha consentito di abbreviare i tempi e iniziare sin da subito a praticare la professione. Così sono state dimostrate direttamente sul campo le competenze acquisite e la grande dedizione che li ha contraddistinti durante il difficile momento storico. «È stato emozionante essere qui oggi per prestare il nostro giuramento dopo due anni di pandemia molto complicati - commenta il giovane medico napoletano, Domenico Simone Castiello - Abbiamo ricordato i momenti difficili, e le giornate che ci hanno visto lottare anche a mani nude. Un percorso che ci ha dato la forza e la speranza di vivere questo momento, ed è un onore essere qui dopo tutta la sofferenza subita, ma dalla quale ci siamo rialzati, riuscendo a vincere insieme». E aggiunge: «Sicuramente è stato difficile, soprattutto per un neo laureato come me, andare per le case dei pazienti e portare non solo prestazioni sanitarie ma anche rassicurazione, conforto e un sorriso. Esperienze che mi hanno aiutato a diventare un medico migliore anche dal punto di vista umano».

Un momento storico che ha segnato gran parte dei medici che hanno preso parte al giuramento avvenuto nel Teatro Augusteo in presenza del sindaco di Napoli, il presidente della Regione Campania, il prefetto, il Vescovo ausiliare della Diocesi di Napoli e il presidente dell'Ordine dei Medici, Bruno Zuccarelli che dichiara: «Questi sono colleghi che si sono già scottati, che sono stati in prima fila, sono andati nelle Unità Usca, hanno somministrato il vaccino e sono stati presenti anche nel Pronto soccorso. Abbiamo visto quanto abbiamo bisogno di loro, sono risorse di cui non possiamo fare a meno», conclude rivolgendo un appello al Governo per trovare delle risoluzioni affinché si garantisca un percorso sicuro ai nuovi medici all'interno dell'Servizio Sanitario Nazionale. 

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«Oggi più che la medicina è il paziente ad essere al centro di tutto. Abbiamo vissuto in prima persona il rapporto con il paziente, l'abbiamo toccato, consolato e abbiamo pianto con lui. Io personalmente mi sono commossa tantissime volte, sono entrata molto dentro alle vicende personali e alla sfera emotiva delle persone che ho assistito», è il commento della giovane laureata in medicina Rachele Manzo, che non nasconde la forte emozione; sensazioni che spera di portare con sé durante tutto il suo percorso professionale. 

 

«Molti dei miei colleghi appena laureati hanno dato il loro contributo al Paese quando c'era la necessità di andare a visitare e curare i pazienti a casa. Era il periodo in cui spesso non si poteva accedere negli ospedali a causa del sovraffollamento dei servizi d'emergenza o perché erano accettati solo i pazienti gravi. E l'aspetto di cui mi sono stupito è stato vedere i miei colleghi essere uniti dalla volontà di aiutare il prossimo, nonostante l'assidua paura e preoccupazione di portare il virus in ambito familiare in un periodo pandemico in cui il vaccino non era ancora stato somministrato. La professione medica si esprime in questo: aiutare le persone nonostante tutto», afferma con fierezza Raffaele Moscato.

La sua laurea in medicina è stata conseguita ad ottobre 2019: «Giurare è stato molto emozionante, un evento che non ci saremmo voluti perdere», Raffaele conclude con queste parole, pronunciate a soli pochi minuti di sistanza dal giuramento. 

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