«Covid, giustizia e verità per le vittime»: le richieste dell'associazione familiari

«Covid, giustizia e verità per le vittime»: le richieste dell'associazione familiari
Lunedì 27 Dicembre 2021, 19:31
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«Pensa che mio marito ha contratto il covid sul luogo di lavoro, lui era bidello in un istituto superiore qui a Napoli. Dopo la sua morte dato che ho 4 figli di cui uno di 14 anni e minareto era l'unico ad avere uno stipendio, ho chiesto alla scuola se potevo avere il lavoro di mio marito, e mi hanno detto di no. L'inail non ha ancora accettato li fortunosamente sul lavoro e non si sa se mai lo accetterà, e in tutto questo mi hanno dato una pensione e di reversibilità di 549,40» Teresa O., Napoli

«Mia madre era entrata per un’ustione alla mano ed era negativa, dopo 10 giorni è risultata positiva e non è più uscita inoltre nel pronto soccorso le hanno rubato la fede nuziale. Non la vedevo da più di un anno per rispettare il blocco tra le regioni e per tutelarla» Luca M., Taranto

«Mio zio distribuiva le bombole d’ossigeno e si è infettato per aiutare gli altri malati. 5 giorni dopo la positività aveva programmato il vaccino» Anna L.Taranto

«Una direttrice sanitaria che dispone che i 3 reparti covid di un ospedale in provincia di  provincia di Venezia, siano presidiati da un medico di guardia a fronte di un'ottantina di pazienti nel clou delle feste natalizie (dal 24.12 al 28.12) e che risponde a noi familiari che l'ospedale non era sguarnito ma che ha applicato la normativa», Antonella N., Provincia di Venezia

«Queste sono solo alcune delle migliaia di testimonianze degli “invisibili”, i parenti degli “appestati” per osì dire, quelli che, se va bene, avranno una commemorazione con un cantante famoso, un bel discorso e la piantumazione di qualche albero in qualche parco sperduto (ci risulta d’altra parte che siano già secchi). Siamo figli, mogli, mariti, sorelle, fratelli di persone morte per covid-19.

No, non ci avete visto sbraitare in piazza, né per le vittorie nazionali (purtroppo per noi l’Italia ha perso la partita più importante, quella della sanità), non ci avete visto in piazza a gridare, assaltare sindacati, divellere panchine. No, noi siamo stati buoni e abbiamo rispettato la legge, ci siamo fidati dello stato e della sanità, non abbiamo sfondato i pronti soccorsi quando sentivamo i nostri cari urlare disperati, non abbiamo fatto irruzione quando al telefono ci chiedevano di essere portati via da lì perché li stavano uccidendo. Abbiamo dimostrato un’enorme dignità in un dolore che nessuno di voi può capire, nessuno. Salutare la propria mamma e vederla sparire in un buco nero dal quale ricevi notizie vaghe una volta al giorno senza poterla vedere, toccare, asciugare il sudore, aiutarla a bere. E un “bel” giorno, dopo che fino al giorno prima hai sentito dirti “va tutto bene, i valori sono stabili, sentirsi dire “ci dispiace, la mamma non ce l’ha fatta”. Come fai ad elaborare un lutto del genere? Un lutto senza morto, un lutto senza che tu abbia potuto prenderti cura del tuo congiunto. Entra una persona ed esce un brutto vaso pieno di polvere.

Sappiate però che l’educazione, la pacatezza, la dignità del dolore non significa arrendevolezza o rassegnazione. Ci è stato tolto tutto, non abbiamo più nulla da perdere, la missione della nostra vita oramai è quella di ridare voce a tutte quelle povere anime, fare chiarezza e cercare di evitare che altra gente soffra l’inferno che stiamo soffrendo noi tutti. Perché se è vero che tanti sono stati uccisi dal covid-19, virus sconosciuto e infido, è altrettanto vero che altrettanti sono stati uccisi da una malasanità che ha dato il peggio di sé in questi due anni. Per fugare subito ogni dubbio, il nostro attacco non è rivolto a tutti quei medici, oss, infermieri, che hanno lavorato con coscienza e competenza, cercando di salvare più vite possibile. Il nostro attacco va ai vertici che da oramai non si sa più quanti anni continuano a tagliare sulla sanità e gestire male quei pochi soldi che arrivano.

La narrazione del governo si è fermata ai camion di Bergamo, perché serviva imporre un lock down di tre mesi e allora bisognava spaventare la popolazione. Dopo la folle estate 2020, in cui il virus ha avuto la possibilità di spostarsi ovunque, anche nelle meno attrezzate regioni del mezzogiorno, nessuna strategia è stata introdotta per limitare il dilagare del virus. Il sistema delle zone con i numeri di morti comunicati quasi come fossero le previsioni del meteo e non persone e il divieto di spostamento tra regioni erano praticamente resi inutili dalle varie deroghe (motivi di studio, lavoro, etc etc) che, di fatto, hanno permesso a migliaia di italiani di muoversi nella penisola (ma anche provenienti dall’estero) senza veri controlli. La gente consultava i bollettini solo per sapere se la settimana successiva avrebbe potuto o meno fare l’aperitivo o andare in pizzeria. E quasi sempre le zone gialle gialle diventavano rosse in brevissimo tempo. Perché? Perché si è completamente demandato alla responsabilità individuale qualcosa che invece doveva essere responsabilità del governo, data la gravità della situazione. Tutto ciò ha portato a ondate successive che sono state ben più devastanti della prima. Seppur comprendiamo le pressioni ricevute dal governo per aprire, forse il diritto alla salute avrebbe dovuto sopravanzare tutti gli altri diritti e se non si era in grado di garantire la tutela dei più deboli forse bisognava tarare diversamente le misure di contenimento in attesa dei vaccini e forse gli stessi vaccini andavano somministrati prioritariamente a soggetti sensibili e solo dopo a docenti in Dad, avvocati e altre categorie non ben definite. Con questo comunicato volevamo solo chiedere un minimo di visibilità ai media, impegnati da tre mesi a parlare di green pass e super green pass e comunicare a istituzioni e partiti politici che esistiamo, siamo morti anche noi un po’ con i nostri cari ma piano piano ci stiamo rialzando e siamo pronti a batterci in tutte le sedi legali perché questa è una battaglia di civiltà che va combattuta, i nostri cari purtroppo non torneranno più.

Cosa chiediamo?

1) Giustizia e verità per le nostre vittime, vogliamo sapere tutto: dalla partenza del virus dalla Cina e il mancato contenimento avvenuto in Italia fino al trattamento riservato ai nostri cari dato che abbiamo sempre ricevuto informazioni scarne e confuse. Vogliamo sapere se è veramente stato fatto tutto il possibile per salvarli o se, ad un certo punto, sono state fatte delle scelte per mancanza di macchinari o di personale. Vogliamo sapere come sia stato possibile, a di stanza di un anno, avere ancora tanti contagi ospedalieri e addirittura veri e propri focolai in ospedale.

2) Più che un discorso ecumenico e retorico vorremmo delle scuse ufficiali da parte dello stato che si è completamente dimenticato di noi.

3) Vorremmo che finalmente, il sacrificio dei nostri cari, renda gli ospedali, soprattutto quelli del centro\sud dei luoghi di cura accoglienti ed efficienti.

4) Vogliamo che le procure inizino ad indagare liberamente, senza alcuna pressione, per contribuire a raggiungere quella giustizia e risarcire i familiari che ne avranno diritto. Per questo chiediamo che venga rivista la legge 76/2021 che di fatto costituisce uno scudo penale per tutti.

5) Chiediamo che venga fornito supporto gratuito ai familiari delle vittime. Prima di tutto supporto psicoterapeutico di qualità perché il nostro lutto non è un lutto normale, il nostro è un lutto complicato che causa stress post traumatico e può portare a depressione o episodi suicidari. Ma chiediamo anche supporto economico per coloro i quali hanno perso l’unica fonte di reddito. Chiediamo insomma che dopo averci profondamente deluso, lo stato ci sia vicino, veramente vicino. Questo lutto non è solo il nostro lutto, questo lutto è il lutto di tutto il paese, non aiutarci ad elaborarlo significa non elaborarlo neanche a livello di nazione con le conseguenze sociali che ne potrebbero derivare», queste le parole della Libera Associazione Familiari vittime covid.

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