Napoli, medici in fuga dal 118: «Sulle ambulanze turni impossibili»

Altri quattro camici bianchi hanno dato forfait: da inizio anno hanno lasciato in quindici

Un'ambulanza del 118
Un'ambulanza del 118
di Ettore Mautone
Lunedì 3 Luglio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 16:42
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Ambulanze del 118, la fuga dei medici assume sempre più le dimensioni di un’emorragia: altri 4 dottori, nelle ultime assegnazioni delle zone carenti della Medicina di famiglia, hanno deciso di mollare per aprire in città uno studio convenzionato. In totale diventano 15 le defezioni registrate nell’ultimo anno, circa 50 quelli che sono andati via negli ultimi 3 anni. Camici bianchi sfiniti dalla pandemia prima e poi minati dai turni e dalle condizioni di lavoro. Quasi tutte le giubbe arancioni che hanno lasciato il 118 sono passate alla medicina generale dove hanno uno stipendio più alto senza l’onere di notti in bianco e festivi al lavoro e con la possibilità di esercitare la professione riducendo i rischi di imputazioni penali per eventi avversi e soprattutto senza la spada di Damocle delle aggressioni che incombono quotidianamente a Napoli quando si accorre in strada o a domicilio per prestare un soccorso.

Il travaso dei dottori che lasciano il 118 per passare alla medicina di famiglia (ora anche alle guardie mediche), sembra inarrestabile ed erode alle fondamenta un servizio essenziale e salvavita. Uno scenario a tinte fosche in atto da anni e che potrebbe precipitare: «Adesso che ai medici di continuità assistenziale viene data la possibilità di avere a proprio carico mille assistiti, la fuga dei medici convenzionati di emergenza territoriale verso questa tipologia di servizio si trasformerà in un vero e proprio esodo di massa». È l’allarme lanciato dal presidente nazionale del Saues, sindacato autonomo urgenza emergenza sanitaria, Paolo Ficco, per il quale, «le scarse tutele professionali e il modesto stipendio attribuito ai medici convenzionati di emergenza territoriale, ma anche l’alta responsabilità del loro servizio, il sovraccarico di lavoro  legato anche alla fuga dei colleghi e la forte esposizione all’aggressività dei pazienti e dei loro familiari, ne costituiscono una più che valida ragione». «Ora che la legge lo prevede, è fondamentale ed urgente, soprattutto in aree particolarmente esposte a questo fenomeno come la Campania, la Calabria, la Puglia, l’Abruzzo o l’Emilia Romagna che le Aziende sanitarie attivino tempestivamente le procedure per il loro passaggio alla dipendenza».

«Il grande problema – avverte Giuseppe Galano, responsabile della centrale del 118 a Napoli - è che la rete dei soccorsi non potrà più fare filtro verso l’ospedale in quanto senza medico a bordo infermiere e autista non possono più fare diagnosi e cura sul posto.

Tutto questo - aggiunge Galano che parla da segretario regionale dell’Aaroi Emac, il sindacato di categoria degli anestesisti e rianimatori – fa avvitare la crisi dei pronto soccorso in una spirale che aggrava l’iperafflusso verso l’ospedale che a sua volta acuisce il disagio dei colleghi e dell’utenza finendo per accelerare il processo di fuga e abbandono. Personale altamente specializzato non vicariabile allo stato attuale». Insomma un corto circuito che fa dei pronto soccorso reparti sempre più intasati, allunga le attese e invelenisce il clima che si respira nelle prime linee. 

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«L’amarezza – conclude Galano – è per la consapevolezza di perdere un patrimonio inestimabile di professionalità di cui chi faranno le spese soprattutto i cittadini e tutto questo con una sostanziale inerzia di chi sul piano politico soprattutto a livello nazionale è deputato al governo della Salute per le misure strutturali e legislative da adottare». «Quante volte abbiamo detto che ci vogliono, subito e non tra un anno, incentivi professionali ed economici ma anche modifiche ai turni e alle mansioni che devono poter ruotare ogni due o tre mesi per invertire la rotta – aggiunge Lino Pietropaolo, segretario regionale della Cisl medici - ma si assiste a un continuo aggravamento. Lo stillicidio a cui abbiamo assistito durante la pandemia è diventato uno choc emorragico e quando si interverrà potrebbe essere troppo tardi. La deriva della perdita di medici dalle trincee e dalle prime linee comprende tutta l’Area critica, dai Pronto Soccorso alle Rianimazioni e molti medici formati sul campo, dopo anni di lavoro in prima linea, si dirigono verso la medicina convenzionata o il privato». «Tutto questo incrocia anche il percorso a ostacoli che incontriamo ai tavoli romani per la trattativa sul rinnovo del contratto di lavoro», spiega ancora Antonio De Falco leader della Cimo. Secondo l’Anaao infine uno dei rimedi è rivedere la figura del medico unico del pronto soccorso per tornare all’antico, quando in prima linea si alternavano specialisti medici e chirurghi di varie discipline. 

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