Napoli, nasce il comitato civico per la lotta alla camorra: «Restiamo uniti»

L’appello di don Battaglia ai giovani: «Non scendete mai a compromessi»

Don Mimmo Battaglia
Don Mimmo Battaglia
di Giuliana Covella
Giovedì 1 Febbraio 2024, 23:56 - Ultimo agg. 3 Febbraio, 07:10
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Per disarmare la camorra non basta la repressione. La vera “arma” è la prevenzione grazie a una rete sinergica tra Chiesa, scuola, terzo settore e istituzioni. Questo il senso del Comitato anticamorra per la legalità “Disarmiamo Napoli”, che ieri ha presentato alla città i punti salienti del progetto alla Domus Ars di via Santa Chiara. A illustrare le proposte Sandro Ruotolo e Paolo Siani, promotori del Comitato a cui ha aderito tra gli altri lo scrittore Maurizio de Giovanni. Mentre ad aprire il dibattito è stato l’arcivescovo don Mimmo Battaglia che, rivolgendosi ai giovani di Napoli e della Campania ha detto «di avere il coraggio di prendere in mano la propria vita e non scendere a compromessi con nessuno».

Sul Comitato il vescovo ha poi detto: «Spero che la nostra presenza qui sia il segno di una nuova Napoli che si pone l’obiettivo di sconfiggere il cancro mortifero della camorra che arriva ad armare le mani di bambini e adolescenti. Per dare speranza e futuro ai nostri ragazzi siate una comunità aperta a tutti, affinché tutti capiscano che non si può stare a guardare». 

«Voglio consegnarvi tre parole - ha proseguito - giustizia, nel senso di adoperarsi per una città più giusta ed equa. Poi fraternità, perché la camorra affonda le sue radici negli individualismi ed è necessario che si diventi fratelli e sorelle di cui prendersi cura. Infine inclusione: ogni millimetro sottratto alle forze del male deve servire a far germogliare il bene. Siate sempre quella realtà che si occupa di disarmare e accogliere chi è caduto nelle mani della camorra. In questo senso è importante la prevenzione. Voltare pagina è possibile ma se tutti ci crederemo. La prima mafia, quindi la camorra qui a Napoli, si annida nell'indifferenza e nell'asocialità, nel non fare nulla, nel voltarsi dall'altra parte. Anche l'omertà, in tal senso, uccide. A chi crede di gestire il territorio con violenza e bombe - ha concluso Battaglia - possiamo offrire il nostro dolore e rabbia, ma mai la nostra resa. A loro diciamo che se hanno bisogno di noi, della speranza noi siamo qui, se non riescono a credere in una terra migliore possiamo dare loro la fragranza della bellezza di questa terra». 

Al centro dell’iniziativa le voci di alcuni d coloro che hanno aderito al Comitato: il garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello, l’attore Gianfranco Gallo, che ha letto un passo del libro “Insegnare al principe di Danimarca” di Carla Melazzini sui ragazzi del Bronx, Gennaro Pagano, coordinatore del Patto educativo, Antonio Iazzetta di Afragola, altro territorio difficile come Caivano, lo scrittore Isaia Sales, la dirigente scolastica dell’istituto Marie Curie Valeria Pirone, Tommaso Montini di Unicef, Eduardo Di Napoli, imprenditore antiracket della Sanità, Pasquale Leone, referente di Libera, Giovanni Russo della masseria Ferraioli di Afragola, bene confiscato ai clan, Roberto D’Avascio di Arcie Movie, Tania Sorrentino, vedova di Maurizio Cerrato, vittima innocente. «Abbiamo visto passerelle che non ci hanno convinto - afferma Ruotolo - così abbiamo lanciato questo appello. Oggi è il primo incontro con la città. Ci sono associazioni, artisti, ma anche l’Unione Industriali, i sindacati. Abbiamo preparato una piattaforma dove ci sono dei punti di emergenza criminale. Si può mai fare un decreto su un pezzo di territorio, perché c’è qualcuno che grida aiuto? Chiediamo ai parlamentari l’estensione del decreto Caivano».

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E sulla dispersione scolastica: «La risposta non può essere quella dei due anni di reclusione per i genitori. Lanciamo una proposta: mille tra assistenti sociali, educatori e psicologi che lavorino per prevenire una situazione del genere così allarmante dove ci sono nonne che hanno 30 anni». «Oggi con questo incontro proviamo a dare un segnale anche un po’ di risveglio - ha ribadito Siani - non possiamo contare sempre i bossoli per terra o, peggio, le vittime innocenti e non. Dobbiamo fare qualcosa di più. Chiediamo alle istituzioni, alle persone normali e al nostro vescovo di darci una mano. Ognuno nel far sentire la propria voce, perché è necessario cominciare a farlo, non possiamo attendere ancora. La repressione? Forse è più facile da fare, la stanno facendo, la stanno incrementando. Ma non basta. Bisogna fare prevenzione, che è più difficile, più lunga, più complessa e che dà risultati a lungo termine».