Napoli, finge rapina alle poste per 105 mila euro: assolto il direttore mandante

Nel 2022 pianificò la rapina assoldando anche un ventenne. La decisione del Gup: «Mancava la querela di Poste Italiane»

Le Poste
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di Giuseppe Crimaldi e Francesca Piccolo
Domenica 10 Marzo 2024, 23:00 - Ultimo agg. 12 Marzo, 07:38
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Avevano pianificato un colpo all’ufficio postale in ogni minimo dettaglio, e la “mente” del progetto era proprio il direttore della filiale. Una rapina simulata, stando alle indagini condotte dalla Procura di Napoli, organizzata per coprire ammanchi di cassa dai quali l’uomo - afflitto evidentemente da problemi economici - avrebbe nel tempo attinto circa 20mila euro senza poi riuscire a restituirli. Succede anche questo, nella città eternamente sospesa tra realtà e finzione, tra pulp e tragicomico. Una storia a metà strada tra i copioni di «Napoli violenta» e «Mi manda Picone».

I fatti risalgono al 10 giugno 2022, quando un ragazzo armato di cacciavite fa irruzione nella filiale delle Poste Italiane di un quartiere della “Napoli bene”. Il bottino è cospicuo: 105mila euro.

Scattano le indagini della polizia: si acquisiscono i filmati della videosorveglianza interna che ricostruiscono le fasi dell’action movie, dai quali gli inquirenti iniziano a nutrire il sospetto che si sia trattato di una simulazione.

L’inchiesta va avanti e il pm Vincenza Marra chiede ed ottiene il rinvio a giudizio di tre imputati, accusati di peculato: il dirigente della filiale, il giovane armato di cacciavite ed una terza persona - assistita dagli avvocati Carlo Bianco e Sergio Pisani - che però avrebbe svolto un ruolo marginale nella vicenda (e per questo è stato prosciolto).

Nel corso del procedimento davanti al giudice per l’udienza preliminare Giuseppe Sepe si sgretola anche il muro dell’iniziale omertà e arrivano le conferme ai sospetti della Procura. Ma la svolta arriva il 22 febbraio, quando il giudice emette la sentenza con la quale dichiara di non doversi procedere nei confronti degli imputati (per i quali, intanto, l’accusa era stata derubricata ad appropriazione indebita): e li assolve «perché l’azione penale non doveva essere iniziata per difetto di querela». Detto in soldoni, le Poste Italiane non avevano formalizzato una denuncia. Al solo direttore verrà inflitta la condanna a un anno per il solo reato di simulazione di reato. Dovrà anche risarcire il danno - 150 mila euro - a Poste Italiane.

Fin qui la vicenda giudiziaria (che potrebbe avere comunque un seguito se la Procura decidesse di proporre appello). Poi c’è il lato più grottesco della storia, tutto da raccontare. Sì, perché il giorno convenuto per ripulire le casse della filiale il 23enne “assoldato” dallo stesso direttore - probabilmente alla sua prima esperienza criminale - si arma del cacciavite, parte ma sbaglia ufficio postale: fa irruzione nella filiale sbagliata. Quando se ne accorge fugge via e solo dopo qualche minuto raggiunge l’obiettivo giusto. Da questo momento quello che descrivono le immagini della videosorveglianza bene illustra l’organizzazione pasticciona del colpo alle Poste, assomigliando a una pagina degna del film «Scuola di ladri».

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Il ragazzo entra nell’ufficio del direttore e recita il copione che gli è stato affidato: sfodera il cacciavite, lo punta alla gola del dirigente bloccandolo alle spalle con un braccio alla gola e intimandogli di aprire la cassaforte, che però è temporizzata con un timer di apertura, stabilito dal codice segreto variabile fino a oltre 30 minuti. La situazione non consente tutto questo tempo, e allora il direttore chiede al giovane di ripetere la scena in attesa dell’apertura della cassaforte da lui azionata: ciak, buona la seconda scena. Il colpo è andato a buon fine. E del finale in Tribunale abbiamo detto. Sul caso Poste Italiane precisa di essere unica parte lesa e di avere licenziato il dirigente. Sulla mancata denuncia precisa che la derubricazione del reato di rapina a peculato lasciava presupporre la perseguibilità d’ufficio; e che l’ulteriore derubricazione in appropriazione indebita è giunta quando Poste non aveva più la possibilità di presentare querela. Ora si attendono le motivazioni della sentenza per valutare un ricorso in appello.

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