Scudetto Napoli, i bassi diventano le fabbriche del falso: «Caccia ai gadget di Osi»

Sequestrata a Portici l'ultima fabbrica del falso con quattro lavoratori in nero (tutti percettori del reddito di cittadinanza)

Il merchandising contraffatto nel nome di Maradona
Il merchandising contraffatto nel nome di Maradona
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 10 Marzo 2023, 07:00 - Ultimo agg. 16:05
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Hanno cambiato pelle. E lo hanno fatto nel giro di poche settimane, appena il tempo di capire che forse scaramanzia permettendo - quest'anno è l'anno buono. In pochi giorni, bassi e sottoscala al centro, ma anche alcuni opifici nell'hinterland, hanno cambiato mission aziendale. Via le borse dei grandi brand internazionali, inutile perdere tempo con cinture e occhiali da sole, l'obiettivo è chiaro a tutti: fabbricare gadget azzurri, che vanno dalle magliette alle sciarpe, senza contare cover di cellulari o ciondoli e portachiave. Tira l'azzurro, tira sempre di più, come appare evidente dalle bancarelle che colorano vicoli del centro o arterie di periferia, in una corsa al falso degna di rievocare scene perdute dei lontani anni Ottanta. Un fenomeno, quello dei falsi gadget che fa registrare ogni giorno denunce, blitz e sequestri. Ieri, l'ultimo caso, questa volta a Portici: è qui che è stata trovata una fabbrica del falso, con quattro lavoratori in nero (tutti percettori del reddito di cittadinanza), dove si fabbricavano magliette e accessori con il logo del Napoli o con il volto dei campioni azzurri. Restiamo al blitz messo a segno dagli agenti del commissariato di Portici-Ercolano e dai militari della Finanza della compagnia di Portici: trovate diciassette macchine da cucire, macchinari aziendali utilizzati per pressare a caldo i loghi sugli indumenti; sono state sequestrate ben 1.250 magliette, di cui 250 riportanti i nomi di alcuni giocatori del Napoli, 1.200 etichette, di cui mille con il logo S.S.C. Napoli Official Product e 200 con il logo Palermo Calcio Official Product, numerose bandiere con i colori della società sportiva partenopea. La titolare del locale, una 37enne napoletana, è stata denunciata «per introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, ricettazione, vendita di prodotti industriali con segni mendaci e per contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni». 

Ma non si tratta dell'unico opificio abusivo rinvenuto in questi giorni, anche alla luce del giro di affari alimentato in questi mesi dalla passione azzurra. In soli 12 mesi, c'è stato un aumento di sequestri del 40 per cento e non siamo ancora arrivati alla fase finale del campionato. Un fenomeno che è entrato nelle case di centinaia di persone, alla luce delle indagini condotte finora per contrastare il mercato del falso: bassi, sottoscala o semplici garage sono stati convertiti. Sono diventati opifici di piccole dimensioni, in grado di sfornare migliaia di esemplari (tra sciarpe o magliette) ogni notte. Economia domestica eletta a sistema, capace di assicurare guadagni imprecisati. Incassi mai visti finora. Spiegano gli esperti: «Abbiamo registrato un cambio di passo in pochi giorni. Niente più moda, niente più ricerca del lusso. Oggi tira la sciarpa con il numero 3, ma anche la maglietta con il volto di Kvara o di Osimhen, in una sorta di euforia collettiva che spinge chinque ad andare a caccia dell'ultimo esemplare. È in questo scenario che sono state sequestate macchine per cucire, presse a caldo, colori e prodotti di maglieria. Stesso discorso in provincia. Interi comparti si sono convertiti. Arzano, Casavatore, Terzigno. La bolla azzurra sembra destinata a crescere, anche secondo quanto emerge da un altro particolare: il numero dei processi condotti in Tribunale per falso, a carico di imprenditori e manager illegali. È l'altra faccia del mercato nero, come attesta il penalista napoletano Fabio Fulgeri, storico legale del calcio Napoli: «Sin dal primissimo esordio alla guida della società azzurra, il presidente De Laurentiis ha ritenuto doveroso costituirsi parte civile in tutti i processi per falso.

Una presa di posizione a tutela della dignità del marchio Napoli, che serve anche a rimarcare una precisa scelta valoriale». Ed è così che ogni giorno, nelle aule di giustizia, si discute dell'assalto al logo azzurro. Non solo a Napoli, ma anche a Nola, Cassino, Velletri, Pisa, Firenze, Bari. Si viaggia con un ritmo di cento processi l'anno, un dato che di qui a dodici mesi - quando arriveranno in aula le denunce di questi mesi di attesa - è destinato a crescere.

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Un boom economico, rigorosamente illegale, come emerge anche dall'identità dei soggetti finiti sotto inchiesta. Non più solo cittadini orientali o extracomunitari, ma tanti, tantissimi, napoletani. Un fenomeno per molti versi domestico, dal momento che sono intere famiglie ad essere impegnate nella costruzione del falso perfetto. Affari a gonfie vele, che attendono solo il successo finale in una città ora più che mai tinta di azzurro. 

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