Sparatoria a Chiaia, caccia al super testimone: «Ho visto quei mitra fare fuoco sotto casa»

Le indagini sulle “stese” alla Torretta: un ragazzo ha notato la banda di killer

Gli affiliati al clan sullo scooter con i mitra a Chiaia
Gli affiliati al clan sullo scooter con i mitra a Chiaia
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Giovedì 28 Settembre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 07:05
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Non credeva ai suoi occhi. Anche perché una scena del genere non l’aveva vista mai, almeno nella vita reale. Semmai quella sequenza scandita da spari a ripetizione, da mitragliate messe a segno sotto casa, da fughe scomposte di uomini, donne e bambini, da minacce e urla di paura, si addicevano a una scena di Gomorra, non a un momento di vita quotidiana. Fatto sta che di fronte a quel pandemonio, ha impiegato una manciata di minuti per capire cosa stesse accadendo e che quelle immagini che si erano consumate proprio sotto i suoi occhi alla fine erano vita vera, scene reali, nude e crude. Altro che fiction, altro che Gomorra, la sequenza che si era materializzata a due passi dalla sua abitazione gli ha riempito gli occhi e la gola di polvere da sparo.

Ed è così che ha deciso di fare qualcosa di inedito. Cosa? Telefonare alla polizia. Avvertire il commissariato che qui a Chiaia si era consumata una «tragedia», qualcosa di pericoloso per donne e bambini. Insomma, una “stesa” a colpi di mitragliatrice. Parola di un testimone oculare, un ragazzo che vive a due passi dal mare, qui a Mergellina, tra via Riviera di Chiaia e i vicoli della Torretta.

Già, siamo nella zona di Napoli da cui appena qualche giorno fa l’attrice Ida Di Benedetto ha lanciato il suo grido di allarme: «Io e mio marito (l’ex ministro Urbani) siamo stati derubati. Costretti a rimanere chiusi in camera da letto, a invocare aiuto dal balcone, siamo stati derubati per la terza volta consecutiva, oltre a vivere in casa come se fossimo sequestrati, di fronte alla necessità di blindare porte e finestre. Qui c’è camorra - ha poi aggiunto l’attrice -, addio Napoli andrò a Roma». Un grido di dolore che trova il punto più alto in quella frase, «qui alla Torretta c’è camorra», che sembra fare il paio con quanto emerge dalle indagini che hanno consentito la recente retata contro il cosiddetto gruppo Strazzullo. 

Inchiesta condotta dai pm Celeste Carrano e Maria Sepe, decisivo il lavoro condotto dagli agenti del commissariato Chiaia San Ferdinando guidato dal dirigente Stanislao Caruso e dagli uomini della Mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini.

Agli atti spuntano immagini choc, grazie a video ricavati da telecamere nascoste, che inchiodano - almeno per il momento - il presunto boss emergente e suoi tre affiliati. Ma nelle carte dell’inchiesta, spunta anche la telefonata fatta da un ragazzo. È il teste che chiede aiuto alla polizia. Usa il suo cellulare, lo fa in anonimo, lancia l’allarme per poi sparire. 

Video

La sua testimonianza - inutile dirlo - potrebbe essere utile nel corso di un’inchiesta approdata in questi giorni dinanzi ai giudici del Riesame. Ma facciamo un passo indietro. Siamo a metà luglio, caldo torrido e tanta voglia di vacanze, quando si consuma l’ennesimo episodio criminale, in uno spaccato cittadino che da tempo non finiva sui giornali per fatti di cronaca nera. Entrano in azione in quattro, due dei quali impugnano mitragliette da guerra. Kalashnikov, mitra che - per la precisione - da queste parti si chiamano “kalash”: spari a raffica, in azione - secondo le indagini - ci sono quelli del gruppo Strazzullo, quanto mai decisi a colpire duro contro i Frizziero e i Cirella. Non è l’unica stesa, in quei giorni, dal momento che sono ben quattro gli agguati consumati nel giro di qualche giorno, tutti in via Camillo Cucca e in vico Santa Maria della Neve, storiche roccaforti di famiglie del posto. È in questa escalation che spicca la testimonianza del ragazzo: «Aiutateci, stanno sparando sotto casa, ho visto tutto...», ha detto prima di sparire nel nulla. Difesi dal penalista napoletano Giuseppe De Gregorio, quelli del gruppo Strazzullo provano a difendersi dinanzi al Riesame, in uno scenario che potrebbe avvalersi anche della testimonianza di un passante rimasto choccato per una scena di Gomorra trasferita dai set alla vita reale, qui a Mergellina.  

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