Venere degli Stracci il ritorno, Pistoletto: «È la rinascita di Napoli, abbraccerò il clochard»

L’artista: «Incontrerò Isaia a giugno, quando l’opera avrà una sede definitiva»

Michelangelo Pistoletto
Michelangelo Pistoletto
di Gennaro Di Biase
Mercoledì 6 Marzo 2024, 23:30 - Ultimo agg. 7 Marzo, 15:00
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Michelangelo Pistoletto «incontrerà Simone Isaia quando la Venere degli Stracci sarà nella sua nuova collocazione», spiegano dall’entourage dell’artista. Le pratiche per l’organizzazione del colloquio, che dovrebbe avvenire a giugno (quando l’opera andrà nella chiesa di San Pietro ad Aram, dopo la fine del periodo di esposizione in piazza Municipio), partiranno nelle prossime settimane, ma il maestro di Biella ieri ha espresso chiaramente il desiderio di «abbracciare» Simone Isaia, appunto, l’autore del rogo: un senza dimora attualmente in carcere per l’incendio del 12 luglio 2023. Il ritorno della Venere in piazza Municipio, in sostanza, testimonia che niente finisce. Tutto ritorna, se lo sforzo è comune. E, soprattutto, alla base della scelta della ricollocazione dell'installazione, c'è un significato preciso: la Venere che “venera” gli stracci non è più solo arte. In lei, messaggio artistico e messaggio sociale sono diventati una cosa sola. Nel destino della Venere c’era l’incendio, e da questo destino stanno nascendo nuovi significati, di cui lo stesso Pistoletto è naturalmente ben consapevole. La Venere degli Stracci è la Dea della rigenerazione, in sintesi».

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Cosa prova davanti a questa seconda nascita della Venere?
«Sono molto contento di questa rinascita: quest’opera è fatta per rinascere e per far rinascere la società. La Venere è dedicata alla rigenerazione degli stracci, che rappresentano il degrado e la massima tensione negativa della società. La Venere, che appunto “venera” quella bellezza che non finirà mai di esistere, deve trasformare gli stracci in qualcosa di nuovo e meraviglioso. Davanti alla Venere, gli stracci diventano colore e gioia. La Venere rigenera». 

Si sente di dire qualcosa alla persona che ha incendiato la Venere?
«Non vedo l’ora di vederlo, sedermi con lui, guardarlo negli occhi e abbracciarlo. Questa persona ha un bisogno profondo, a cui credo che la Venere possa offrire una soluzione. Ha agito per sofferenza, spero che trovi un sollievo. Lo stesso sollievo che riesce a procurare a noi tutti attraverso il suo atto di follia. Non solo l’ho perdonato, ma lo abbraccio profondamente. Sta collaborando con noi, ma noi dobbiamo collaborare con lui».

Come mai la sua opera è stata data alle fiamme, secondo lei? Che interpretazione ne ha tratto?
«Penso che a dare fuoco alla Venere sia stata una scintilla di dolore. Le istituzioni che dovrebbero curare questa persona, se potrà uscire dal carcere, si chiama proprio Scintilla».

Come mai ha deciso di donare la seconda Venere al Comune?
«Ho messo a disposizione i miei materiali, ma adesso questa mia opera non deve essere ripagata a me, bensì alla società che le ha dato fuoco. È la società che deve essere risarcita. La Venere è la bellezza profonda dello spirito umano che attraversa tutti i tempi. La stessa parola "Venere" vuol dire "venerabilità": è il simbolo della venerazione, di qualcosa che rimane. Dall'altro lato, nello stesso tempo, ci sono gli stracci, che rappresentano la disgregazione, qualcosa che continua a finire in rovina. Come le rovine delle città antiche. Le rovine di Roma, in questo senso, sono degli stracci. Sono bellissime e rigenerate dalla venerazione».

La Dea degli Stracci può rappresentare Partenope, dunque? Cosa vuole comunicare alla città la Venere rinata?
«Napoli ha una venerabilità straordinaria: è illuminata dall'arte, ma allo stesso tempo vive contraddizioni evidenti, quelle delle sue parti più problematiche e degenerative. La Venere ricorda, come le ho detto, la necessità della rigenerazione verso un nuovo paradiso. Nell’ultimo secolo, il secondo paradiso umano, quello artificiale in cui l’uomo modifica l’ambiente con la sua intelligenza, sta diventando un problema per la natura. Ora va trovato un equilibrio tra l’artificio e la natura, così da arrivare al terzo paradiso, in cui c’è armonia tra la natura e il mondo artificiale. Siamo in un momento di grandi decisioni comuni, nel mondo, per raggiungere questa terza fase in cui si ristabilisce un rapporto sopportabile per il futuro tra la natura e gli esseri umani. La parola paradiso nasce dall’antico persiano. Significa “giardino protetto”, cioè piccoli muri nel deserto per impedire al vento arido e bruciante di entrare in queste mura. Lì dentro, l’umidità della notte faceva nascere la vegetazione. Era questo il miracolo della natura, nata dall’artificio della costruzione delle mura. Da questo gesto sono nate la stanzialità e quindi le città. Tutti noi, in sintesi, dobbiamo lavorare sulla rigenerazione, sul trasformare gli stracci in qualcosa di non degradato. E la Venere serve a ricordarci questo. Ripeto: vorrei abbracciare l’autore del rogo. Come evitiamo la mostruosità del delitto se non la sappiamo abbracciare con la venerabilità del nostro pensiero più illuminato?».