Neutralità climatica in Europa e rischi sociali, il convegno a Napoli: «Le scelte non devono bloccare la crescita»

Neutralità climatica in Europa e rischi sociali, il convegno a Napoli: «Le scelte non devono bloccare la crescita»
di Alessio Liberini
Venerdì 8 Luglio 2022, 18:49 - Ultimo agg. 19:16
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Per raggiungere la neutralità climatica in Europa si dovrà necessariamente tener conto delle significative ripercussioni che questa avrà sulle vite di imprese e cittadini del vecchio continente.

A 65 anni dalla creazione dell’Unione Europea il parlamento di Bruxelles sta infatti programmando ed attuando una serie di iniziative, di politica economica, per conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Un obbiettivo, al giorno d’oggi necessario per il futuro del nostro pianeta, che richiederà una serie di sforzi considerevoli per i prossimi decenni.

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È questo il focus, portato al centro dell’attenzione, del convegno promosso dall’Università Parthenope di Napoli dal emblematico titolo: «Quale Europa nel nuovo scenario economico mondiale.

Dal Grean Deal ai nuovi strumenti di concorrenza internazionale».

A discuterne stamane, nell’incantevole location di palazzo Doria D’Angri, sono stati direttamente i rappresentanti del mondo politico, imprenditoriale e legale.

Dal blocco della vendita di auto non elettriche, fissato dall’Ue per il vicino 2035, passando per la guerra in Ucraina e la transizione energetica, fino ad uno sguardo sul Mediterraneo e sulle opportunità che può offrire il continente africano. Sono difatti numerose le tematiche, attualissime, sviscerate dagli ospiti di prim’ordine che hanno preso parte alle due tavole rotonde - moderate dai direttori Francesco De Core, redattore capo del quotidiano Il Mattino e Fabio Tamburini de “Il Sole 24 Ore” – proposte dal convegno.

Ad aprire i lavori, dopo i saluti istituzionali di Alberto Carotenuto, Rettore dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, Roberto Bocchini, Delegato del Rettore per gli Affari Giuridici dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” e Antonio Tafuri, Presidente del consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, è stato l’europarlamentare, già presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani.

«Napoli come la Campania e tutto il Sud – ha spiegato il vicepresidente del Partito Popolare Europeo – ha una tradizione industriale rilevante. Ricordiamoci che prima dell’Unità nazionale la realtà più industrializzata del Paese era il Regno delle Due Sicilie. Un’eredità culturale e imprenditoriale importante anche per quanto riguarda le infrastrutture presenti sul territorio». «Napoli può giocare una partita decisiva in tanti settori industriali – precisa Tajani – ma deve essere una politica industriale compatibile con la politica ambientale e la lotta al cambiamento climatico. Le scelte, anche dell’Europa, non devono bloccare la crescita».

«Le regole di lotta al cambiamento climatico devono essere scritte pensando anche alla questione sociale, industriale e agricola: non si può combattere il cambiamento climatico se, contemporaneamente, non si sostiene l’economia reale» osserva l’europarlamentare a cui fanno eco tutte le personalità presenti al convegno.

A partire dagli ospiti della prima tavola rotonda intitolata: «Green deal e industria: alla ricerca del punto di equilibrio». «Tutti vogliamo un pianeta sostenibile –  racconta Antonio D'Amato, presidente dell'industria Seda e della Fondazione Mezzogiorno - ma in molte delle ultime scelte europee nel green deal ci sono provvedimenti negativi per l'ambiente che destabilizzano lo sviluppo industriale europeo».  

Per D’Amato è necessario «non dare più tempo e soldi per le cose sbagliate. In questo momento il Governo italiano deve e può aprire questo check sul green deal e rimetterlo in discussione, perché' è stato concepito in un momento in cui nessuno era consapevole pienamente dell'impatto sistemico che avrebbe avuto, a maggior ragione oggi che il mondo rischia la guerra».

Sulla stessa scia anche il Sottosegretario agli Affari Europei, Enzo Amendola che dichiara: «Gli effetti del conflitto in Ucraina sono forti e pesano sulla nostra economia. È evidente che dobbiamo orientare tutti gli investimenti europei e tutta la forza imprenditoriale meridionale verso delle scelte: politica energetica, sicurezza e cooperazione nei trasporti con le altre parti del Mediterraneo».

«Sono delle esigenze ma sono anche delle grandi opportunità – osserva Amendola – Tutti gli investimenti che abbiamo devono essere orientati a crescere. L’Europa ed anche il Mezzogiorno deve essere industria. Industrie orientate chiaramente alle emergenze che abbiamo ma anche ai cambiamenti ecosostenibili che sono in campo: per fare ciò ci vuole una politica industriale».

In questa fase di grande trasformazione, sotto tutti i punti di vista, il ruolo di «Napoli deve essere determinante per la cultura ma anche per l’industria e l’innovazione». Ha dirlo è stato lo stesso primo cittadino, Gaetano Manfredi, richiamando all’importanza strategica di riportare i giovani emigranti partenopei in città. «Il capitale umano qualificato - chiarisce l’ex rettore della Federico II - rappresenta un fattore di attrazione per grandi imprese e noi abbiamo un ottimo capitale umano che non sempre riusciamo a tenere. Penso però al polo digitale a Napoli che ha fatto migliaia di assunzioni, e anche nel manifatturiero si sta riprendendo l'accesso dei giovani al lavoro, ma molto del capitale umano andato via può essere il richiamo per investimenti internazionali a Napoli».

A richiamare l’importanza di tale tematica è stato anche il direttore del quotidiano, Francesco De Core, in conclusione della seconda tavola rotonda del convegno: «Parliamo da una terra dove c’è un rapporto drammatico tra scuola, formazione e lavoro. Gli ultimi dati Invalsi della Campania ci parlano di una Regione che è maglia nera in Italia. C’è un problema di strutture, c’è un problema di formazione, c’è un problema di connessione tra scuola e lavoro.  Ci sono delle eccellenze universitarie straordinarie in questa terra, come l’Accademy della Apple, ma c’è anche una piattaforma di giovani studenti che piano piano stiamo perdendo. Dobbiamo, nel solco della grande tradizione europea, portare gli ultimi verso di noi e non farci trascinare nel baratro. La vera grande sfida è quella dell’educazione di questa terra che è molto importante».

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