De Luca e la scalata ai vertici del Pd: il nodo alleanze in vista delle primarie

De Luca e la scalata ai vertici del Pd: il nodo alleanze in vista delle primarie
di Adolfo Pappalardo
Domenica 30 Ottobre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 31 Ottobre, 07:41
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Normale e legittimo che il governatore De Luca punti a una corsa per la segreteria nazionale. Ma stavolta, più del passato, è una corsa tutt’altro che semplice. Anche colpa del nuovo regolamento che prevede binari stretti già per la presentazione delle semplici candidature da presentare entro il 28 gennaio: serve un quorum di firme più alto da raccogliere in almeno 5 regioni. Serve, quindi, tessere alleanze larghe, e su scala nazionale, per poter giocarsi davvero la partita. 


L’altro giorno in piazza del Plebiscito il governatore della Puglia Michele Emiliano ha fatto un pubblico endorsement per il collega campano («L’esempio più evidente del deragliamento valoriale della sinistra sono i due sultani meridionali De Luca e Emiliano. Qualunquismo, assistenzialismo e clientelismo», li attacca però ieri il leader di Azione Carlo Calenda). Ma proprio Emiliano, che pure provò la scalata alla segreteria nazionale, sa che si tratta di una corsa in salita. Vero è che i due già dalla vigilia delle ultime politiche hanno stretto un patto di ferro in nome dei progetti di autonomia differenziata che penalizzerebbero il Mezzogiorno. E, entrambi, sanno pure che occorre in tutti i modi evitare una leadership del Pd in mano al collega emiliano Stefano Bonaccini. Uno che, tanto per capirci, ai disegni di autonomia cari al centrodestra ha sempre strizzato l’occhio. E in caso di una sua discesa in campo serve una contromossa dal Sud. Non di Emiliano che ci ha già ci provò nel 2017 finendo dietro Matteo Renzi ed Andrea Orlando. Assai difficile, quindi, che ci riprovi.

Anzi l’ex pm non lo farebbe perché sarebbe tentato a rimanere nella sua Puglia magari ritornando sulla poltrona di sindaco di Bari mentre l’attuale primo cittadino prenderebbe il suo posto in Regione. Naturale, quasi fisiologico, quindi che invece la scelta la possa fare De Luca. D’altronde se ne parla da tempo e lui stesso ha accarezzato l’idea ma De Luca, da politico scafato quale è, sa bene che il match è un’incognita. E per ora non scopre le sue carte ma attende per capire chi entrerà nel campo da gioco.

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Appena due giorni fa la direzione nazionale del Pd ha fissato tempi e regole e sinora nessuno ha sciolto la riserva. In attesa di capire sulle forze su cui contare. È il caso di Bonaccini, ormai dato per certo, ma potrebbe riprovarci Andrea Orlando, il sindaco di Firenze Andrea Nardella o, per allargare alla base, non tramonta il nome di Elly Schlein, la neo deputata che di Bonaccini è stata vice sino a qualche giorno fa. E, ancora, Matteo Ricci il sindaco di Pesaro (e coordinatore dei primi cittadini democrat) che ha già iniziato un tour per l’Italia per questo scopo e l’ex ministra Paola De Micheli, sinora unica candidata ufficiale che due giorni fa ha votato contro in direzione nazionale. 

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In questo campo così affollato nessuno scommette, conoscendolo, che voglia buttarsi anche De Luca prima di aver stilato patti e alleanze. Che stavolta sono essenziali. Inutile girarci attorno: per correre bisogna chiudere alleanze blindate con una corrente nazionale. Non solo per la raccolta firme ma anche per la corsa vera e propria altrimenti il rischio è solo una figuraccia che De Luca non è abituato (e non vuole) fare. Con il rischio, non tanto per la raccolta firme, ma quella di ritrovarsi fuori dalla contesa finale del 12 marzo ristretta ora a soli due nomi. E se gli ex renziani di Base riformista sarebbero per Bonaccini non rimane che stringere accordi con Orlando o Franceschini, le altre due macro correnti del Pd. Ma siamo sicuri che l’ex sindaco voglia cimentarsi davvero in questa corsa? Più probabile che stavolta voglia, e i suoi lo confermano, essere comunque protagonista della partita rispetto al passato e non limitarsi al semplice appoggio congressuale. E senza il rischio di sbagliare cavallo, come accadde nel 2019, quando puntò su Maurizio Martina costringendolo a ricucire solo in seguito con Nicola Zingaretti. Un rischio che De Luca stavolta non vuole correre.
 

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