Manifestazione per la pace a Napoli, gli studenti contestano De Luca: «Stop ipocrisia. Non ci strumentalizzate»

Manifestazione per la pace a Napoli, gli studenti contestano De Luca: «Stop ipocrisia. Non ci strumentalizzate»
di Alessio Liberini
Venerdì 28 Ottobre 2022, 16:02 - Ultimo agg. 29 Ottobre, 07:08
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«Chi finanzia questa armi siete voi» è l’urlo dei ragazzi dei collettivi studenteschi cittadini mentre si alternano gli interventi per chiedere il cessate il fuoco in Ucraina. Così tra migliaia di partecipanti, scesi in piazza Plebiscito a Napoli per prendere parte alla grande manifestazione pacifista promossa dal Governatore della regione Campania Vincenzo De Luca, si alza anche un coro di contestazione. Per loro però non è previsto nessun intervento sul palco. I giovanissimi alle bandiere della pace preferiscono portare in piazza un grande striscione dove ricordano Lorenzo, Giuseppe e Giuliano: i tre studenti morti, in neanche un anno, mentre si trovavano in percorsi di alternanza scuola-lavoro. La legge nata nel 2015 proprio per mano dell’esecutivo guidato dai Dem.

«Stop armi, stop ipocrisia. Non pagheremo la vostra guerra» è invece il testo di un altro manifesto realizzato dagli studenti che si dicono in coro «strumentalizzati da una piazza che non è affatto una piazza per la pace». 

«Moltissimi studenti e studentesse, alcuni anche giovanissimi – spiega Luca Napolitano, portavoce del collettivo studentesco Kaos - sono stati strumentalizzati e portati in questa piazza che in realtà non parla molto di pace.

I veri pacifisti siamo noi: quelli che scendono in piazza da anni». Tra le perplessità dei giovanissimi c’è infatti anche il «ritardo» verso una mobilitazione del genere che arriva a distanza di mesi dall’inizio del conflitto nel cuore dell’Europa. Gli studenti napoletani definiscono tale indugio «vergognoso», puntando il dito contro il titolare di Palazzo Santa Lucia ed il partito che rappresenta.

«Un paio di settimane fa – osserva Giovanni, alunno del liceo Gian Battista Vico di Napoli - il suo partito era al Governo e mandava avanti politiche di armamenti all’Ucraina. Adesso sta chiamando un presidio contro la guerra strumentalizzando migliaia e migliaia di ragazzi. Spendendo, inoltre, 300mila euro di fondi pubblici per portare tutti gli studenti in piazza». Loro, gli studenti partenopei, in piazza contro la guerra ci vanno da quasi un anno. Ma nessuno sembra averli considerati fin ad oggi: «Siamo stati i primi a scendere in piazza ad inizio conflitto venendo persino sanzionati: Ora basta ipocrisia».

«Strumentalizzazione» e «censura» si alternano tra le voci, arrabbiate, dai giovanissimi. «A noi – chiarisce amareggiata Vittoria - non ci hanno fatto parlare sul palco, la verità? Siamo i veri pacifisti. Contestiamo un partito, il Pd, che fino una settimana fa non faceva altro che parlare di armi ed armi. Noi siamo qui per ricordagli che sono loro a mandare le armi poi è facile venire a parlare e fare le belle propagande quando le armi in Ucraina non le mandiamo noi studenti ma loro e gli altri partiti».

Una politica che per i ragazzi si «lava troppo spesso le mani» davanti a tragedie che sembrano interessare solo a loro e non alle istituzioni che dovrebbero tutelarli. «In questo Paese – grida Giovanni con tutto il fiato che ha in corpo - sono morti tre ragazzi in 8 mesi per colpa dello stesso partito che ha chiamato questo presidio. Quindi parlassero anche dei morti in alternanza scuola-lavoro».

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«De Luca – attacca Marilù, portavoce del collettivo autorganizzato universitario - continua a comportarsi come uno sceriffo decidendo quando noi possiamo scendere in piazza. Quando lo facevamo per i morti in alternanza non andava bene e invece quando lui chiama una manifestazione per lavare le mani sporche di sangue che ha il suo partito va bene? Ora li vogliono gli studenti in piazza ma le piazze, così come le scuole e le università, sono degli studenti che partendo dal basso provano a creare un futuro diverso da quello che loro vogliono propinare a noi». 

 

Tra le polemiche non può mancar un riferimento agli scontri, avvenuti solo qualche giorno fa, tra studenti e polizia all’interno della facoltà di Scienze politiche dell’Università La Sapienza di Roma. «Le forze dell’ordine non dovrebbero essere nei nostri luoghi di istruzione – continua Marilù – sono spazi in cui cerchiamo di costruire un dibattito collettivo. E invece ci troviamo la polizia che prova a reprimerci».

«La loro repressione non ci fermerà» è la promessa dei giovani che annunciano per il prossimo 18 novembre una nuova mobilitazione cittadina.   

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