Benevento, allarme Cinghiali: si può sparare se colti «in flagrante»

La richiesta è stata avanzata dalla Coldiretti durante un incontro con l’assessore regionale all’Agricoltura Caputo

Alcuni ungulati nel fiume Sabato
Alcuni ungulati nel fiume Sabato
di Antonio Mastella
Lunedì 8 Aprile 2024, 00:00 - Ultimo agg. 08:16
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Gli agricoltori sanniti, come del resto i loro omologhi delle altre province campane, possono imbracciare la doppietta per abbattere i cinghiali sorpresi a distruggere le coltivazioni nei fondi di cui sono proprietari. Va da sé che potranno sparare solo se in possesso dell’apposita autorizzazione. È una delle certezze emerse al termine del tavolo tecnico chiesto e ottenuto dalla Coldiretti con l’assessore regionale all’Agricoltura Nicola Caputo. «È un passo significativo – sottolinea Gennarino Masiello, presidente provinciale nonché vice leader nazionale dell’organizzazione - che si muove verso soluzioni per le quali ci battiamo da tempo. Consentendo una simile possibilità, si amplia il fronte dell’impegno nel contenimento e controllo di queste orde devastatrici, che costituiscono un danno per l’agricoltura e un pericolo per le persone drammaticamente crescente».

Non meno positiva la valutazione da parte del direttore regionale generale della Coldiretti, Salvatore Loffreda. «È incontrovertibile – sottolinea – che c’era più che bisogno di una disposizione netta nella sua definizione e concreta nella sua applicazione, che si aggiunge alle altre già in vigore. È allo stesso modo evidente che occorre puntare al varo di una legge regionale organica, che determini definitivamente chiarezza sull’argomento, che non sia dettata solo dalla necessità di fronteggiare il paventato pericolo della peste suina africana di cui i cinghiali sono portatori».

In quest’ottica, la sua associazione è al lavoro e non da ora per sollecitare un atto deliberativo in tal senso.

Ragioni sanitarie, peraltro doverose, a parte, da salvaguardare, si vuole che la norma invocata da formalizzare sia motivata dall’esigenza di verifica e limitazione numerica in base a rischi e impatti sull’agricoltura, sull’ambiente, sulla biodiversità. Va a questo punto evidenziato che la misura stabilita nel corso del tavolo di lavoro regionale non significa concessione di libertà assoluta, automatica di eliminazione.

«Ci mancherebbe», puntualizza Giuseppe Porcaro, agronomo, funzionario in forza a Benevento, nell’ufficio regionale dell’assessorato all’Agricoltura, coordinatore delle iniziative pianificate dalla Regione volte al contenimento e al controllo degli ungulati. «È sicuramente una presa d’atto significativa - osserva -, che permette al contadino di difendere il frutto del proprio lavoro ma non per questo lo abilita a imbracciare il fucile senza regole preventive da osservare. Non siamo certo nel Far West». Dunque l’agricoltore che si vede invadere il campo può sparare solo se in possesso di regolare licenza e assicurazione. «E non basta – avverte sempre Porcaro – perché possa premere il grilletto. Occorre che abbia frequentato con successo il corso regionale per selettori e-o bioregolatori».

Una volta in possesso di questi titoli, potrà chiedere l’autorizzazione a cacciare indirizzando la domanda all’Ambito territoriale di caccia (Atc). L’ente provvederà quindi ad assegnarli lo scacchiere del territorio, in cui si estende il suo fondo, perché possa finalmente esercitare l’attività cosiddetta di «selezione», che significa, fuor di burocratichese, libertà di abbattere. A dimostrazione della sua volontà di ridurre a una dimensione fisiologica la quantità dei cinghiali in circolazione, la Regione ha varato una delibera, la numero 84 del febbraio scorso, con cui ha dettato le norme per consentire la caccia anche in aree protette (come parchi e oasi) sino a ieri vietata: sarà consentita solo se il cacciatore sarà munito del brevetto di bioregolatore.

«La meta – conclude Masiello – non è ancora così vicina perché il problema possa dirsi prossimo alla soluzione; siamo però sulla buona strada alla luce di queste ultime decisioni concordate. Non possiamo più sopportare - conclude sempre il leader provinciale Coldirettti - che si debbano sborsare circa 500mila euro per ristorare le conseguenze dei danni prodotti all’agricoltura sannita nel corso del 2023».

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