Lo stato di vulnerabilità: sarà quella la traccia dettata dagli esperti del governo per poter far ripartire, nella fase 2, la fascia di cittadini anziani, quelli over 70 anni. In queste ore si sta ragionando su come “proteggere” chi non è più giovanissimo, acciaccato ed è particolarmente sensibile agli effetti del coronavirus.
L’ipotesi è che chi - avanti con l’età - è affetto da patologie dismetaboliche importanti, come il diabete, l’ipertensione o problemi cardiovascolari, venga maggiormente monitorato, censito, e anche sottoposto, con maggiore attenzione, ai test sierologici che verranno effettuati nello screening sulla popolazione. Se l’esito delle indagini mediche dovesse rivelare uno stato di salute a rischio, scatta una “sorveglianza sanitaria speciale” con “un giudizio di inidoneità temporanea, o anche una limitazione agli spostamenti”, che potrebbe voler dire non poter uscire di casa per qualche mese.
I criteri base per la valutazione dei rischi restano, dunque, le patologie. L’anziano che verrà monitorato, sarà più vulnerabile se è affetto da almeno due di queste malattie (comorbilità con l’infezione) perchè può aggravare la patologia. Anche perché la sola ipertensione, a esempio, non potrà costituire una ragione per limitarne i movimenti, considerato che ne soffre buona parte della popolazione over 50.
Sono tante, dunque, le valutazioni che si stanno facendo in queste ore. E la maggior parte sono basate su un rapporto della Società italiana di Gerontologia e geriatria preparato per il Comitato tecnico scientifico e la task force, presieduta da Vittorio Colao. Gli esperti partono dall’assunto che «l’età, di per sé, non possa costituire un discrimine normativo, non essendolo sul piano biologico. È, infatti - chiariscono - la maggior prevalenza di condizioni morbose che accresce la letalità del Covid-19, non l’età in sé».
Il professor Roberto Bernabei, direttore del Dipartimento di Geriatria Neuroscienze dell’università Cattolica, componente del Comitato scientifico, considera che per le persone che hanno superato i 70 anni «l’esercizio fisico è un farmaco salvavita, uno strumento promotore di salute». Ed è proprio su questo che il rapporto insiste quando considera che anche gli esercizi fatti a casa «non sono sufficienti per assolvere un ruolo di completa supplenza dell’attività esterna».
Stare chiusi nel proprio appartamento, secondo i medici, «ha un impatto sul tono dell’umore e, nei malati dementi o psichiatrici, sta determinando importanti effetti avversi. Molto comune è il sovvertimento del ritmo sonno veglia nel demente». Il consiglio, quindi, è di consentire, «al termine del lockdown, la facoltà di uscire per tutti gli anziani, anche se con alcune precauzioni da seguire».