Entrate, sanatoria per tutti o concorso: lo scontro sugli 800 dirigenti

Rossella Orlandi
Rossella Orlandi
di Andrea Bassi
Martedì 27 Ottobre 2015, 08:15 - Ultimo agg. 08:51
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L’ultima mossa l’Agenzia delle Entrate l’ha compiuta ieri. Ha tagliato le sue dotazioni dirigenziali, portandole da 1.095 a 995 e, contemporaneamente, ha aumentato le cosiddette Pos, le posizioni organizzative speciali, una sorta di via di mezzo tra il dirigente e il funzionario, facendole salire da 325 a 339.

Le Pos le aveva inventate il governo Monti nella sua spending review, ma l’Agenzia le aveva poco usate. Si sono rivelate oro dopo la sentenza della Consulta che ha eliminato 800 posti da dirigente su oltre mille. Non saranno la stessa cosa rispetto a una vera posizione dirigenziale, ma quanto meno permettono di dare uno stipendio maggiorato. Non è un dettaglio, considerando che molti dei funzionari degradati si sono trovati dalla mattina alla sera con una retribuzione tagliata di quasi 2 mila euro. Una buona parte di queste Pos sono già state assegnate e, in due casi su tre, sarebbero state restituite agli ex dirigenti. Il problema è che, comunque, le 339 Pos non bastano a ridare posto e stipendio a tutti coloro che sono stati retrocessi. Così da settimane, l’Agenzia sta facendo pressione sul governo per aumentare il numero di queste posizioni speciali.

LE SOLUZIONI

Un tentativo c’era stato a inizio settembre, quando in consiglio dei ministri sono arrivati i decreti fiscali.

Nei testi era spuntata una norma per creare altre 200 Pos, con una retribuzione annua di 67 mila euro. Il governo aveva stoppato il tentativo. Non solo Palazzo Chigi, di traverso si è messo anche il Tesoro, considerando questa strada come una palese violazione della sentenza della Consulta, che ha chiaramente indicato che l’unica via per diventare dirigente nella pubblica amministrazione è quella di sostenere un concorso pubblico.

Esattamente quel concorso che il governo ha imposto all’Agenzia di bandire entro la fine del 2016, ma sul quale l’amministrazione della Orlandi continua a nicchiare. Una circostanza, quest’ultima, che è emersa da una lettera inviata nelle settimane scorse proprio dal Tesoro all’Agenzia delle Entrate, nella quale si chiede di accelerare le procedure per la selezione pubblica.

GLI ATTRITI

Insomma, nonostante la netta presa di posizione a sostegno della Orlandi da parte del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sulla vicenda dei dirigenti illegittimi nelle scorse settimane, tensioni ci sono state anche tra gli uffici di via XX settembre e quelli del Fisco. Ufficialmente l’Agenzia delle Entrate, motiva i ritardi nel concorso con il fatto che prima di bandirlo vuole attendere la sentenza del Consiglio di Stato che dovrà pronunciarsi sul bando per l’assunzione di 403 dirigenti dal quale è nato il quesito alla Consulta. In realtà l’esito è scontato. È difficile che i magistrati amministrativi possano dar corso a quella selezione dopo le pesanti censure della Corte Costituzionale e soprattutto, dopo che hanno già bocciato un identico concorso per l’Agenzia delle dogane. Il governo, in realtà, ha dato gli strumenti all’Agenzi per accelerare il bando, prevedendo che i concorsi già banditi possano essere cancellati. Ma, almeno a sentire i sindacati, sembrerebbe che la strada che l’Agenzia vuol seguire non sia questa. La volontà, per esempio, sarebbe quella di resuscitare il concorso a 175 posti da dirigente, bandito cinque anni fa. Un concorso per soli titoli e colloqui, che potrebbe permettere di dare una chance a qualcun altro dei dirigenti illegittimi. L’impressione, insomma, è che ci sia la corsa a trovare una soluzione per dare una sistemazione al maggior numero degli ex funzionari. Ma è difficile tutti possano riavere i loro posti.

Da questa considerazione sarebbe nato anche la decisione di molti di circa 400 dei dirigenti decaduti di chiedere i danni all’amministrazione e ricorrere contro Palazzo Chigi. Una strada complicata, anche perché ben 600 di loro, hanno appoggiato l’Agenzia nella controversia davanti a Consiglio di Stato e Consulta di fatto avallandone i comportamenti. Per le Agenzie, comunque, sta per arrivare la fine di un’era. Non solo, come ha ricordato la Orlandi, non avranno più un comparto a loro dedicato. Ma tra i decreti attuativi della riforma della Pa, ce n’è uno che porterà la vigilanza dal Tesoro direttamente sotto Palazzo Chigi. Tra qualche mese a occuparsi del Fisco sarà Matteo Renzi in prima persona.

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