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«Pochi tecnici, mina per il Pnrr». Allarme di Cnel e Bankitalia: pesano calo demografico e mancanza di specializzazione

L’impatto del calo demografico e della penuria di professionalità

«Pochi tecnici, mina per il Pnrr». Allarme di Cnel e Bankitalia: pesano calo demografico e mancanza di specializzazione
​«Pochi tecnici, mina per il Pnrr». Allarme di Cnel e Bankitalia: pesano calo demografico e mancanza di specializzazione
di Luca Cifoni
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 9 Febbraio 2023, 00:22 - Ultimo agg. : 12:12
4 Minuti di Lettura

Il calo demografico che restringe il bacino della popolazione attiva e lo farà sempre di più in futuro; un decennio di assunzioni congelate nella pubblica amministrazione; la cronica scarsa capacità del sistema italiano di far incontrare le competenze richieste dalle imprese con quelle maturate dai lavoratori o aspiranti tali. Una combinazione micidiale di fattori mette seriamente in pericolo l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’allarme lanciato dalla Banca d’Italia, con una dettagliata pubblicazione del suo Servizio studi, segue altre segnalazioni arrivate nelle settimane scorse. A fine anno era stato il Cnel a evidenziare la difficoltà di reperire una serie di professionalità legate all’attuazione del Pnrr, comprese quelle che toccano da vicino la Missione Salute.

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Bisogna partire proprio dall’elemento demografico: nel nostro Paese la popolazione in età attiva si restringe costantemente perché anno dopo anno entrano a farne parte giovani appartenenti a “coorti” sempre più ristrette per effetto della denatalità, mentre ne escono verso la pensione generazioni più “abbondanti”. La Banca d’Italia usando le proiezioni demografiche di Eurostat quantifica in 630 mila il numero delle persone di età compresa tra 15 e 69 anni in meno nel 2026 (anno finale del Piano) rispetto al 2019. I numeri dell’Istat basati sulla popolazione reale sono in realtà ancora più impietosi. La riduzione della platea dei potenziali lavoratori - già grave per il solo effetto delle minori nascite - è acuita dalla fuga verso l’estero di una porzione non trascurabile dei nostri giovani talenti.

I BANDI

In questo quadro generale vanno lette le ulteriori criticità che penalizzano il nostro Paese. La prima riguarda la pubblica amministrazione: come già emerso nei mesi scorsi, l’avvio dei progetti finanziati dall’Europa richiede in prima battuta la presenza negli uffici statali e soprattutto in quelli di Regioni e Comuni di personale in grado di preparare i bandi e poi seguire i progetti. In questo la Pa italiana è penalizzata dalla elevata età media e dall’insufficiente presenza delle relative competenze (dagli ingegneri agli specialisti di appalti) soprattutto se coniugate in chiave digitale. Una situazione che a sua volta dipende almeno in una certa misura dal sostanziale blocco delle assunzioni che ha caratterizzato lo scorso decennio, in nome del risanamento dei conti pubblici. Poi c’è quello che gli esperti chiamano skills mismatch, ovvero mancato incontro di competenze; una quota di lavoratori si trova ad essere sotto-qualificata rispetto alle mansioni che svolge, ma ce ne sono altri che al contrario sono sovra-qualificati e dunque sprecano almeno un po’ del proprio talento.

LA RETE

Entrando sempre più nel vivo, il Pnrr va ad amplificare queste criticità, perché le professionalità richieste non sono solo quelle tradizionali. Se, come evidenzia Bankitalia, su circa 375 mila occupati in più generati (nell’anno di picco) sono prevalenti quelli delle costruzioni, nell’elenco si trovano anche programmatori, ricercatori, consulenti. Il Cnel sottolinea da una parte la penuria di informatici, tecnici Ict, e ingegneri, dall’altra quella di medici, infermieri e altri professionisti sanitari: che da una parte servono per il buon funzionamento ordinario del servizio sanitario nazionale, dall’altro dovranno contribuire all’implementazione della nuova rete di assistenza territoriale, inclusa tra gli obiettivi del Piano.
A parte il possibile contributo dell’immigrazione e quello derivante da un aumento del tasso di partecipazione degli stessi italiani, questi colli di bottiglia possono essere affrontati solo con la formazione. Si tratta di riqualificare i lavoratori (cosa possibile in tempi abbastanza rapidi nel settore delle costruzioni) ma anche di puntare in modo più strutturale sulle politiche attive, con adeguati investimenti. Per quanto riguarda le politiche migratorie, la sfida è attirare personale qualificato, oltre che lavoratori con bassi livelli di istruzione. Allo stesso tempo le opportunità del Piano potrebbero trattenere in patria qualcuno dei giovani laureati con la valigia in mano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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