Il Consiglio di Stato riammette Fassina: «La fine di un incubo»

Il Consiglio di Stato riammette Fassina: «La fine di un incubo»
di Simone Canettieri
Martedì 17 Maggio 2016, 08:45 - Ultimo agg. 18 Maggio, 09:08
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La notizia piomba sulla campagna elettorale alle 22.30. E a casa di Stefano Fassina, zona Esquilino, scoppia la festa contenuta in un abbraccio a cinque: il candidato riammesso, la moglie e i tre figli. «E' la fine di un incubo», dice al telefono l'esponente di Sinistra Italiana, con la voce rotta dall'emozione, dopo la riammissione del Consiglio di Stato della sua lista alle comunali e in sette municipi («Per la civica e gli altri municipi occorrerà aspettare giovedì»). La notizia, però, cambia anche i giochi e le strategie degli altri principali candidati che puntano al ballottaggio. A partire dal Pd, che guardava con molta golosità ai voti in libera uscita della sinistra. Dall'altra parte del campo, non è difficile prevedere un sospiro di sollievo niente male per Alfio Marchini (che si è visto riammettere la lista di Rete Liberale) e Giorgia Meloni che con il verdetto uscito da Palazzo Spada sono pienamente in corsa per il secondo posto. Di fatto, tra i tre, la palla avvelenata ritorna nel campo del renziano che da una settimana, dal primo verdetto della commissione elettorale, aveva iniziato un lento ma pressante forcing sulla sinistra. Giachetti su Twitter scrive: «Sono contento, andiamo avanti convinti che il popolo di centrosinistra sarà unito al ballottaggio». Tutto da rifare? No, si ritorna ai nastri di partenza come a prima della presentazione delle liste. Con il M5S in avanti e Giachetti, Meloni, Marchini in lizza per arrivare al ballottaggio quando mancano 20 giorni al voto. Primo effetto pratico: andrà rifatto il sorteggio per posizionare simboli e candidati nella scheda elettorale. La precedente estrazione era priva dell'ex viceministro.

L'ATTESA
Il Consiglio di Stato ha così ribaltato la sentenza del Tar che aveva escluso Fassina dalle elezioni comunali e da quelle dei municipi, eccetto Andrea Catarci nell'VIII municipio. I giudici hanno accolto il ricorso del candidato di sinistra che giustificava la mancanza di date nelle firme come un «mero errore umano», in quanto chi le ha vidimate era in carica da dicembre e quindi stava dentro ai 180 giorni prima dalle indizioni delle elezioni come vuole la legge. Fassina, in pieno conflitto con Sel, ha passato la giornata di ieri in contatto diretto con i suoi avvocati, dando ordine ai componenti dello staff di non staccare gli occhi dal sito del Consiglio di Stato. Allo stesso tempo ha continuato la campagna elettorale, avvelenata dopo l'iniziale esclusione da voci di complotti e sabotaggi. Tensioni esplose in una guerra aperta con la costola romana di Sel, socio di maggioranza di Sinistra italiana. «Giriamo pagina - è l'appello di Fassina ai “compagni” in rivolta fino a ieri - ripartiamo tutti insieme di slancio. Le responsabilità di Roma sono troppo grandi». L'ex Pd ha rischiato di avere sulle proprie spalle la colpa di aver fatto sparire la sinistra dalle elezioni della Capitale, con un travaso di voti tra Pd e M5S (più una parte destinata a ingrossare il partito del non voto, cioè l'astensione). «Sono davvero sollevato: sentivo la responsabilità per tutte le persone che mi hanno dato fiducia in queste settimane». Oggi l'appuntamento con i 400 candidati alla città dell'Altra Economia è confermato: doveva essere un funerale, sarà quasi una festa.