Non ha cadenza fissa, eppure non può coglierti alla sprovvista. Le celebrazioni si prendono una buona settimana di avvicinamento e poi ti raggiungono. Le tradizioni, rispettate o meno nella loro interezza, irrompono nel quotidiano con il migliore dei regali: un lunedì di vacanza. Intanto e nel giro di quattro giorni, si è rimescolato il possibile. Fede, cultura, gastronomia, tempo: dato un elemento, ecco il suo contrario. Ma Pasqua è la più napoletana delle feste e riesce a contenere tutto. Morte e resurrezione, digiuno (quasi mai rispettato) e abbuffata (rispettatissima), progetti di gita fuori porta e ossessivo controllo delle condizioni meteo per capire se è il caso di metterli in pratica, invito di duplice valenza a passare la festività nello stesso luogo in cui si è trascorso il Natale, pur sapendo che per quanto previste riunioni coi parenti, queste saranno brevi e senza scambio regali. E quando si pensa di aver trovato una linea comune la più salda, quella del cibo ecco che la situazione si intrica.
«Everything everywhere all at once», come nel film da sette premi Oscar, ma in cucina.