Appalti a Capaccio Paestum, Alfieri: «Un deja vu alla vigilia delle elezioni, sarò archiviato»

La rivendicazione: «Non ci sono reati, è la vita che ho scelto. Rammarico per mia mamma 85enne e per mia figlia»

Franco Alfieri
Franco Alfieri
Carmen Incisivodi Carmen Incisivo
Giovedì 1 Febbraio 2024, 08:50 - Ultimo agg. 14:11
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L’attività di indagine paragonata a un prelievo di sangue, la sua carriera politica e la sua azione amministrativa accomunate a un abito in vetrina che viene guardato da tutti per la sua bellezza. Sono queste le metafore che il sindaco-presidente Franco Alfieri sceglie per commentare, senza sottrarsi a una sola domanda, la bufera nella quale è piombato, assieme ad altre cinque persone tra cui sua sorella Elvira, a causa di presunte irregolarità in un appalto della pubblica illuminazione a Capaccio Paestum.

E poi riferisce chiaramente la sensazione di trovarsi in un déjà vu richiamando alla mente il 2019, quando, in prossimità delle elezioni amministrative, fu accusato, con altri, di voto di scambio in un’indagine della Dia che culminò in un’archiviazione

«Credo siano attività normali che io affronto sempre con grande tranquillità e serenità - dice - la perquisizione è un mezzo di ricerca della prova, sono sereno: in termini di pazienza Giobbe in confronto a me era un isterico. Ma io non mi posso consentire distrazioni o inquietudini. Continuo a lavorare perché devo dar conto della fiducia dei cittadini. Ho fiducia nelle istituzioni, nella magistratura e nelle forze dell'ordine che fanno il loro dovere. La verità trionferà, come è sempre stato». Il rammarico generato dal polverone è tutto per due donne importanti della sua vita: la mamma «che ha 85 anni - dice - ed ha avuto un altro colpo ma le ho detto che non ha motivo di preoccuparsi» e la figlia «che doveva fare un esame importante stamattina (ieri per chi legge ndr) ed è stata svegliata all’alba, magari avrebbe potuto fare un ripasso». E ammette: «Sono addolorato ma questa vita l’ho scelta io: ho scelto di fare politica, di fare l'amministratore locale, credo nei valori della Costituzione, negli organi che sono previsti e quindi so che possono capitare queste cose». 

Poi la stoccata da politico d’esperienza, sempre a suo agio con le parole e forte di precedenti a suo favore: «Come sapete mi è già capitato: alla vigilia delle elezioni del 2019 è successa la stessa cosa. Poi dopo cinque anni ho avuto un'archiviazione, spero che non passino 5 anni perché credo che l'esito sarà questo: non ci sono reati commessi. In quarant’anni non sono mai andato in tribunale ma sono sempre finito in prima pagina. I processi - aggiunge - ormai si fanno sulla stampa. Per l’archiviazione le prime pagine non le ricordo». Alfieri ribadisce anche che quelli finiti sotto la lente della Procura sono «atti pubblici, manifesti sui muri, procedure in vetrina». «L’accertamento - commenta - è come andare in laboratorio per farsi tirare il sangue. Attualmente ci stanno tirando il sangue poi vedremo come sono i fatti, se ci sono reati. I fatti che vengono enunciati rappresentano una normale attività d'impresa e di pubblica amministrazione». Quanto sta accadendo sono le conseguenze, dice il sindaco-presidente, dei rischi del mestiere.

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«Siamo come un abito in vetrina: più l'abito è bello più è guardato ma va bene così». Rispetto al coinvolgimento della sorella Elvira nell’indagine è tranchant: «È l’amministratrice della società di famiglia, costituita da mio padre in cui lavorano anche mia figlia, mia nipote e mio fratello. La società - sostiene - deve lavorare, ci sono 40 famiglie, se poi il lavoro e lavorare devono diventare un reato allora vuol dire che questo Mezzogiorno che sta sprofondando non ha più la possibilità di salvarsi».

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