Il centro per minori di Ogliara
intitolato alla moglie del boss

Il centro per minori di Ogliara intitolato alla moglie del boss
di Angela Trocini
Lunedì 30 Gennaio 2017, 08:00
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SALERNO - Tra i beni confiscati a Salerno c’è «La casa di Valeria», centro polifunzionale diurno ad Ogliara. Ma tra i segnali inquietanti, di come sia sistematico il coinvolgimento di esponenti della criminalità organizzata locale negli ambienti istituzionali, c’è proprio l’intitolazione della struttura. Nella relazione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, si fa riferimento proprio «all’intitolazione - avvenuta verosimilmente grazie all’intervento di un amministratore comunale - di un bene confiscato alla camorra a nome della moglie del camorrista destinatario del provvedimento ablativo». Prima la «Casa di Valeria» era «Villa Valeria» dal nome della consorte del capoclan Raffaele Viviani. E, per come si legge nella relazione, «l’intitolazione è avvenuta verosimilmente grazie all’intervento di un amministratore locale». Bisogna ricordare che il centro polifunzionale diurno è stato inaugurato, a febbraio 2015, alla presenza non solo degli amministratori locali ma anche dell’allora questore oltre che di altre autorità con l’affidamento dello spazio all’associazione «Quartiere Ogliara», attiva dal 1994 ed operante nella frazioni collinari per impegnare i ragazzi in attività ludiche e non solo. Il nome Valeria, quindi, era pubblico e chiunque - tra gli organi competenti - avrebbe potuto suggerire che «probabilmente non era il caso di intitolare lo spazio funzionale con quel nome». Ma non è andata così.

Ora, sempre nella relazione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, nel capitolo che parla del settore delle misure di prevenzione, si legge che la procura ha recentemente attuato - in sinergia con la sezione del tribunale che si occupa di ciò, con la Corte di appello, con l’agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati alla criminalità e con il nucleo di supporto costituito in Prefettura - un’attività di costante monitoraggio della fase dell’esecuzione dei provvedimenti di confisca in sede penale e di prevenzione dei beni, confiscati nell’ambito di procedure ablative. Il monitoraggio è finalizzato anche ad una concreta attività di gestione e successiva destinazione a finalità pubbliche dei beni confiscati che, come si legge nella relazione, «è spesso connotata da ritardi ed inefficienze e ciò al fine di scongiurare il rischio di dispersione o deterioramento o, peggio, di riacquisizione o mantenimento della disponibilità, dei stessi beni da parte dei soggetti ai quali erano stati confiscati».

Grazie all’attività di monitoraggio «è stato già possibile», si legge sempre nella relazione, «individuare e risolvere situazioni dalle quali erano emerse abusi od omissioni da parte delle amministrazioni locali o degli enti ai quali i beni erano stati assegnati o da parte dei custodia e amministratori giudiziari alle cui cure i beni erano stati affidati». L’intitolazione scomoda, che per gli inquirenti potrebbe costituire un omaggio al boss, rientra nel monitoraggio costante che l’ufficio di procura sta facendo sui beni confiscati? Al momento la cosa è stata definita solo come uno dei «recenti ed inquietanti segnali...» ma se c’è altro, magari un’inchiesta sull’intitolazione e sul presunto pressing, non è ancora venuto fuori. 
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