Agropoli, estorsioni, usura e furti: chiesti 50 anni di cella per il clan dei Marotta

Prima famiglia rom in Italia cui si contesta il metodo mafioso: «Il loro potere ha molto inciso sul tessuto sociale agropolese»

I carabinieri
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di Carmela Santi
Venerdì 2 Febbraio 2024, 07:00
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Richieste per oltre 50 anni richieste dal Pm presso il Tribunale di Vallo della Lucania, Vincenzo Palumbo, per i componenti del «clan familiare» Marotta - Cesarulo, coinvolti in una indagine relativa ad estorsioni, usura, furti e ricettazione. L'attività investigativa partita nel 2015 era stata posta in essere dai carabinieri della compagnia di Agropoli, coordinati dalla Procura vallese. Stando alla ricostruzione fatta ieri in aula dal pm, i soggetti indagati si sarebbero resi responsabili di condotte criminose ricostruibili sia dalle intercettazioni telefoniche che dalle testimonianze dei testi che hanno raccontato di prestiti con elevati tassi di interesse e fenomeni di estorsioni caratterizzati da gravi minacce. Contestati anche i furti e ricettazioni

«Pienamente provata la responsabilità di due batterie che si muovevano autonomamente furti di oro e gioielli e ricettazione degli stessi», il pm ha chiesto per Anna Cesarulo 5 anni di reclusione, 4 anni e mezzo per Bruno Marotta, 2 anni per Angelica Marotta e Filomena Marotta e Isabella Petrillo, per Romeo Santomauro 3 anni di reclusione, 3 anni e 900 euro di multa per Fausto Sacco, Garparro Roberta e Francesco Casertano. E ancora: per Marotta Isabella e Marotta Silvana chiesti 3 anni di reclusione, per Antonio Dolce 5 anni di reclusione e 10mila euro di multa, 5 anni e mezzo di reclusione e 12mila euro di multa per Alberico Dolce. Per Antonietta Marotta 5 anni e mezzo di reclusione e 12mila euro di multa, 5 anni e mezzo e 15mila euro di multa per Enzo Cesarulo. I componenti delle famiglie Marotta e Dolce sono difesi dagli avvocati Antonio Mondelli, Michele Sarno, Giuseppe Della Minica, Franco Maldonato e Annalisa Buonadonna che prenderanno la parola il prossimo 16 maggio. 

Prestiti usurari ma soprattutto furti nelle gioiellerie erano gli affari principali del clan. Nel 2007 è un collaboratore di giustizia a raccontare il sistema delle famiglie rom di Agropoli. Nel mirino le gioiellerie sparse in tutta Italia. Qui il modus operandi era sempre lo stesso: si presentavano come clienti spendendo cifre ragguardevoli, per poi approfittare della fiducia carpita e fare i furti. Anche la spartizione del bottino avveniva con un criterio ben preciso che rispettava la scala gerarchica. Una spiccata propensione all’intimidazione nei confronti della popolazione locale e spregio nei confronti dell’autorità hanno determinato, negli anni, un potere complessivo che ha notevolmente inciso sul tessuto sociale agropolese.

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Sempre a carico del clan Marotta ci sono altri processi in corso. I componenti sono stati accusati anche di minacce nei confronti delle forze dell’ordine e dell’allora sindaco Adamo Coppola. Per la prima volta è contestata ad una comunità rom italiana l’aggravante del metodo mafioso
 

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