Da Anna a Paola, la lunga scia dei femminicidi che insanguina il Salernitano

Restano ancora elevati anche i numeri delle donne che non denunciano

I funerali di Anna Borsa
I funerali di Anna Borsa
di Petronilla Carillo
Venerdì 25 Novembre 2022, 06:45 - Ultimo agg. 18:45
5 Minuti di Lettura

«La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore ma dal lato, per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata». Lo scriveva William Shakespeare ma queste parole sembrano non avere più un senso. L’elenco della donne vittime di violenza nel Salernitano è lungo. Come in tutto il resto d’Italia: c’è una leggera inflessione dei femminicidi ma i numeri restano comunque alti. Come le violenze sessuali che spesso si consumano tra le pareti di casa e non vengono denunciate.

Secondo i rilievi nazionali sarebbero in calo anche i reati spia, indicatori di violenza di genere, come lo stalking e i maltrattamenti contro familiari e conviventi, ma per molti addetti ai lavori restano ancora elevati anche i numeri delle donne che non denunciano. Nonostante gli sportelli (non da ultimo quello aperto in procura a Salerno), il lavoro delle associazioni specializzate, le stanze rosa di ascolto aperte presso le compagnie dei carabinieri ed in questura. E un caso su tutti deve far riflettere: quello di Marzia Capezzuti, anche lei vittima di violenze da parte della famiglia che l’aveva accolta in casa «come una figlia», nell’indifferenza di una città, Pontecagnano Faiano, uccisa secondo gli inquirenti proprio dalle botte e dalle sevizie subite.

Video

«Ho paura di Alfredo». Le disperate parole di Anna Borsa, prima vittima del salernitano nel 2022, uccisa dall’uomo che diceva di amarla, sono cadute nel vuoto. A Pontecagnano tutti sapevano, anche qui nessuno è mai intervenuto, lei non ha mai voluto denunciarlo, gli appelli dei genitori - senza la richiesta della vittima - non sono serviti a nulla e a marzo scorso Anna è stata uccisa nel negozio di parrucchieri presso il quale lavorava. Era il giorno di Carnevale. A giugno un’altra violenza. Per fortuna non grave. È avvenuta a Castiglione dei Genovesi.

Una giovane donna, ospite di una casa di accoglienza con i suoi figli, fuggita dalla violenze del marito viene accoltellata dal suo ex di ritorno dal mare, davanti agli occhi dei loro bambini. Per fortuna, se l’è cavata. A luglio è stata uccisa una donna di 91 anni, Adele Martino, massacrata nella sua abitazione assieme alla sorella, che invece si è fortuitamente salvata, dall’ex badante del fratello che era entrato in casa per derubare le due donne dei loro soldi.

Ad agosto è un padre ad accoltellare la figlia, nella loro abitazione al Carmine, perché la ragazza era rientrata dal nord con la sua fidanzata: il padre, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, non avrebbe accettato le scelte sessuali della ragazza. E poi c’è la cronaca, quella degli ultimi giorni: come l’omicidio-suicidio di San Mango Piemonte. Paola La Rocca è stata uccisa dal marito dal quale si era da poco separata di fatto, non giuridicamente, Rodolfo Anastasio. È stata accoltellata nella loro abitazione, il suo assassino aveva ancora le chiavi di casa. Nonostante l’allontanamento. Anche qui nessun reato spia. E la prova che la violenza contro le donne spesso affonda le proprie radici in difficili rapporti familiari, lo dimostrano anche i casi di Fisciano, del papà che ha lanciato dalla finestra la figlioletta di due anni ora salva, e quello di Capaccio Paestum, della nipote diciassettenne che ha ucciso la nonna ultrasettantenne. E se questi sono i casi più gravi accaduti tra il capoluogo e la più vicina provincia, ancora tanti sono i casi di violenze che non producono femminicidi ma che rappresentano uno spaccato di vita sociale. Come la donna di Montecorvino Pugliano addosso alla quale il marito, nel corso di un litigio, ha gettato dell’alcol dandole poi fuoco e lasciandola in gravi condizioni. Oppure come un 25enne di Scafati il quale, non accettando la separazione dalla compagna, ha esploso dei colpi di pistola contro la sua abitazione. 

Salerno come Roma, anzi Vietri sul mare. Anche la nostra provincia, in passato, ha avuto il suo serial killer delle prostitute: un muratore vietrese, Carmine Ferrante, che ha ucciso prima una bulgara nell’agro e poi una sua amica e collega a Salerno, Mariana Szekeres, il cui corpo fu ritrovato anche con le mutandine abbassate. Era il 2013 quando Maria Pia Guariglia fu uccisa di botte dal figlio Lino Renzi che poi congelò alcune parti del suo corpo, cucinò e ne mangiò altre. Nel 2014 Cosimo Pagnani uccise a Postiglione la sua ex, Maria D’Antonio, e mentre era barricata con il suo corpo senza vita nella loro ex cucina, scrisse su facebook: «sei morta brutta...». Nello stesso anno, a Vibonati, un altro uomo, Sandro Pigi, uccise al moglie Pierangela Gareffa e poi, mentre lei agonizzante era ancora viva, attesa la sua morte giocando alla Playstation. E tanti ancora i casi nel corso degli anni. Non tutte fortunate come Filomena Lamberti acidata e sfigurata dal marito, oggi simbolo della lotta contro le violenze sulle donne.

© RIPRODUZIONE RISERVATA