Salerno, omicidio di Fuorni, 24 anni al badante killer di Maria Grazia Martino

I giudici di Salerno accolgono le richieste del pm: pentimento e disintossicazione dalla droga ritenuti importanti

La villetta dove avvenne l'omicidio
La villetta dove avvenne l'omicidio
di Angela Trocini
Venerdì 5 Aprile 2024, 06:10
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È stato condannato a 24 anni di carcere Giuseppe Buono, il badante accusato dell'omicidio della 91enne Maria Grazia Martino e del tentato omicidio della sorella Adele. La sentenza è stata emessa ieri pomeriggio dai giudici della Corte di assise di Salerno che hanno accolto la richiesta formulata dal pm Licia Vivaldi riconoscendo le aggravanti, come la crudeltà del fatto ai danni di persone molto anziane, ma concedendo all’imputato le generiche equivalenti. Lo stesso pm nella requisitoria ha parlato di «crudeltà dell’aggressione. Ciò è indubbio, ma non può essere disconosciuta la circostanza che l’imputato ha ammesso tutto, pentendosi dei fatti commessi. Ha intrapreso un percorso di disintossicazione dalla droga, mettendo in discussione tutto il suo passato». Giuseppe Buono (difeso dall’avvocatessa Assunta Mutalipassi) si introdusse nella villetta a due piani in via San Leonardo per rubare e pagare un debito di droga, come raccontato dallo stesso negli interrogatori resi all’autorità giudiziaria: dopo aver rinchiuso nella camera da letto il fratello delle due donne, Isidoro che era allettato, era in soggiorno per prendere i 3400 euro che erano nella borsa di una delle due sorelle quando fu sorpreso dalle vittime. L'ex badante conosceva l'enorme disponibilità economica custodita in casa dalle sorelle Martino oltre l’abitudine di lasciare la porta d’ingresso socchiusa, ma forse non si aspettava di trovarsele davanti in quanto le due avevano l’abitudine di riposare a quell’ora: «era convinto di una toccata e fuga», ha affermato in un passaggio della requisitoria il pm.

LA RICOSTRUZIONE

Ma quel giorno non andò così: Maria Grazia ed Adele Martino si accorsero della presenza dell’ex badante (aveva lavorato per loro fino a qualche mese prima) ed iniziarono a gridare tentando di guadagnare l’uscita probabilmente per chiedere aiuto, ma Adele perse l’equilibrio cadendo rovinosamente per terra mentre Maria Grazia fu colpita alla nuca con un bastone (che non è stato ritrovato) e tramortita.

Giuseppe Buono, poi, volendole chiudere in uno stanzino a piano terra, tentò di trascinarle per le scale riuscendovi solo in parte per poi lasciarle tanto che rotolarono fino a giù (l’autopsia sulla deceduta ha dimostrato la presenza sia della lesione alla testa colpita da un oggetto contundente che plurime fratture causate dal trascinamento per le scale mentre i referti della vittima rimasta gravemente ferita parlano di segni di trascinamento e lesioni dovute al rotolamento per le scale). Solo all'alba del giorno dopo, domenica 10 luglio 2022, la macabra scoperta da parte di una delle nipoti delle vittime che, preoccupata di non aver sentito le zie, si recò a casa loro, allertando immediatamente i soccorsi e salvando la vita ad Adele (che avrebbe potuto avere la stessa sorte della sorella a causa delle gravissime ferite riportate) mentre per la povera Maria Grazia non c’era già più nulla da fare. Anche il povero Isidoro fu liberato dalla sua camera da letto dove erano nascosti 380mila euro in contanti (circostanza che l'ex badante non sapeva).

Scattate le indagini, coordinate dal procuratore capo Giuseppe Borrelli e i suoi pm ed affidate agli agenti della Mobile, non ci volle molto ad incastrare Giuseppe Buono alle proprie responsabilità (oltre ai frame delle telecamere, in una precedente perquisizione era stata rivenuta una scatola vuota di una marca di scarpe corrispondente ad un'impronta repertata nell'abitazione in cui è avvenuto il massacro) che, prima fermato di indiziato di delitto e poi raggiunto da misura cautelare, confessò dicendosi «pentito, oltre che scioccato, per quanto commesso». Lo stesso avvocato Mutalipassi, nella sua arringa difensiva, ha parlato di come a Buono la situazione sia sfuggita di mano: «Non voleva uccidere, ma solo levarsi quel debito che non lo lasciava più vivere». Al processo, attraverso gli avvocati Massimo ed Emiliano Torre, si sono costituiti parte civile Adele Martino insieme al nipote (il figlio di Isidoro che, nel frattempo, è deceduto) anche se il danno sarà quantificato in sede civile.

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