Emergenza cinghiali in Cilento:
«Dovremo abbattere dai 5 agli 8mila capi»

Emergenza cinghiali in Cilento: «Dovremo abbattere dai 5 agli 8mila capi»
di Antonio Vuolo
Venerdì 29 Ottobre 2021, 06:15 - Ultimo agg. 10:16
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«Abbiamo stimato di abbattere selettivamente tra i 5mila e gli 8mila capi, senza dimenticare però che nell’ultimo anno sono stati già abbattuti 4mila esemplari. Ora bisogna migliorare nelle capacità selettive di abbattimento, mirando agli individui che fanno crescere la specie. Tale attività deve essere collegata a un sistema di trattamento delle carni cosicché gli animali abbattuti possano entrare in una filiera standardizzata di consumi». A parlare così è il professore Domenico Fulgione, del Dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli, che torna a gestire, dopo aver ricoperto già in passato tale incarico, il Piano di Gestione dell’emergenza cinghiali nel Cilento. A lui e alla sua equipe spetterà il compito di contrastare quella ch’è diventata ormai una vera e propria piaga a sud della provincia di Salerno, con scorribande nei centri urbani e danni sempre più ingenti al comparto agricolo. Senza dimenticare, purtroppo, anche gli incidenti stradali. E per il professore l’unica strada da perseguire è quella dell’abbattimento selettivo. «La soluzione più efficace è l’abbattimento selettivo, sottraendo gli individui responsabili della crescita demografica della specie - aggiunge Fulgione - È fondamentale, ovviamente, farlo in maniera selettiva perché altrimenti si rischia di fare un doppio danno, facendo proliferare la loro presenza».  

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Oltre alle varie scorribande, diurne e notturne, a San Marco di Castellabate e Agropoli, ha fatto molto discutere il caso di un agricoltore di Montecorice, a cui gli ungulati hanno devastato un intero raccolto di ceci. «Avevo comprato un terreno a San Marco di Castellabate per realizzare un’azienda agricola e investito 1600 euro per l’acquisto di ceci certificati da piantare.

Il risultato? Tutto devastato, nonostante le protezioni - denuncia Marco Minghetti - Non è possibile fare agricoltura in queste condizioni. Purtroppo la politica non conosce il territorio e le nostre esigenze». Il professore della Federico II sulla questione legata all’agricoltura precisa: «Dobbiamo renderci conto, ovviamente non conosco il caso specifico, che è non facile conciliare una coltivazione tipica in un’area protetta come quella del Cilento e allo stesso tempo pretendere che la fauna selvatica non entri nei nostri campi. C’è da dire che lo stesso Parco sta facendo molti sforzi sia in termini normativi che operativi per far sì che le due cose si possano conciliare». Nel frattempo, continuano anche gli avvistamenti nei centri urbani, a conferma di un cambiamento nei comportamenti degli ungulati. «È una specie che si adatta facilmente anche ad ambienti in precedenza preclusi - conclude Fulgione - A ciò si aggiungono anche i nostri comportamenti discutibili, dal dar loro da mangiare alla cattiva gestione dei rifiuti». 

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