I tesori di San Matteo in mostra al Diocesano di Salerno

Nel percorso espositivo capolavori come la trecentesca Madonna degli Angeli e preziosi codici miniati dal Medioevo al Rinascimento. Concerto al duomo con canti tratti anche dal Messale trovato a Vercelli

Il Museo Diocesano
Il Museo Diocesano
di Erminia Pellecchia
Venerdì 3 Maggio 2024, 07:00
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«Della scoperta di un così grande tesoro, la tua Chiesa esulti nel Signore...». É uno stralcio della lettera che Gregorio VII scrive da Roma, il 18 settembre 1080, all’arcivescovo Alfano I di Salerno, dopo il rinvenimento delle reliquie di San Matteo. Tesoro è l’efficace parola che usa il papa, poi esule nella città conquistata appena pochi anni prima da Roberto il Guiscardo. Una “ricchezza” da valorizzare, insiste. E invita l’ex abate di San Benedetto, medico, poeta ed architetto, a celebrare, con ogni onore, le spoglie dell’apostolo coinvolgendo nell’impresa, politica ed economica, il condottiero normanno e la moglie Sichelgaita, sorella di Gisulfo II, ultimo principe longobardo dell’opulenta Salernum. Il maestoso edificio poco alla volta prende forma, “regista” Alfano, sul modello dell’abbazia di Desiderio a Montecassino, ma con una novità per l’Italia del sud: la grande cripta dedicata al culto dell’apostolo, sostenuto fortemente anche dal nuovo regime per rendere più coesa la società cittadina. Nel luglio del 1084 il pontefice consacra a san Matteo la basilica inferiore e alla Vergine Maria la superiore. Inizia da qui, la storia del «sacro tempio» salernitano.

E quella di una comunità che si riconosce nella venerazione per la Madre di Dio e per il santo, indicato da Gregorio VII come patrono. «Sono due figure che esplicitano in modo esemplare il vivo legame “tra cielo e terra”», dice Maddalena Vaccaro, prof di Storia dell’Arte medievale al Campus di Fisciano, curatrice con Carmen Rossomando, direttrice del Museo Diocesano, della mostra Tra cielo e terra (opening 5 maggio, ore 16; fino al 15 luglio) titolo ispirato a una frase del libro di Peter Brown Il culto dei santi. É un faro culturale e liturgico, nel Meridione il sontuoso duomo di Salerno. Su questo primato accende i riflettori l’esposizione al MuDi, ben dichiarato nel sottotitolo: Meraviglie svelate della cattedrale di Salerno dai Normanni al Rinascimento. Organizzata dal Museo Diocesano e dall’Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno con il patrocinio del DiSPaC Unisa, presenta una selezione di capolavori dall’XI al XV secolo, tra cui la trecentesca statua lignea di Santa Maria degli Angeli; proveniente dal duomo, per la prima volta sarà visibile a distanza ravvicinata. Nucleo centrale sono i manoscritti dello “scriptorium” salernitano, una tradizione che va dall’XI secolo, ha il massimo splendore con Romualdo II Guarna, e arriva al XVII secolo quando vengono trascritti per non perderne la memoria. La mostra si propone, spiegano le curatrici, «di valorizzare recenti acquisizioni della ricerca per trasformarle in un racconto che consenta di avere un nuovo sguardo e una nuova consapevolezza del patrimonio artistico e culturale della città tra l’età medievale e moderna».

Un lungo percorso che prende le mosse dal catalogo di Giuseppa Zanichelli, I manoscritti miniati del Museo Diocesano San Matteo di Salerno, e che ora beneficia dei risultati degli studi avviati da Vaccaro, con una équipe di 25 esperti, e pubblicati, in particolare, nel volume Il Breviario-Messale di Salerno del Museo Leone di Vercelli, a cura della medievista e di Gionata Brusa. Quest’ultimo, specialista di musica e liturgia medievale, nel 2019 ha fatto una scoperta sensazionale: in un poderoso codice del XII secolo, custodito nel museo di Vercelli, ha identificato un libro del duomo di Salerno, il più antico testimone della liturgia cittadina, «straordinario strumento - avverte Vaccaro - per rileggere l’ambiente artistico e culturale della città e per mettere in luce i suoi scambi culturali di raggio europeo e mediterraneo in età medievale».

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Il volume non sarà visibile, ma sarà ampiamente illustrato nell’accurato allestimento, accessibile anche agli ipovedenti. Ascolteremo dal vivo, però, la parte dedicata all’ufficio di San Matteo, nel corso del concerto (5 maggio, ore 17.30) al duomo: Exultet! I canti medievali riscoperti per San Matteo e per la cattedrale di Salerno. Protagonista il coro dell’Arcidiocesi diretto e preparato da Remo Grimaldi e don Emanuele Andaloro, che eseguirà brani e musiche della tradizione liturgica salernitana, beneventana e longobarda. Dopo i saluti dell’arcivescovo Andrea Bellandi, di Luca Cerchiai, direttore DiSPaC, di don Antonio Montefusco, presidente Fondazione Alfano I, di don Felice Moliterno, parroco della cattedrale, interverranno, oltre Vaccaro e Rossomando, Luisa Nardini (University of Texas at Austin), Thomas F. Kelly (Harvard University) e Gionata Brusa (Universität Würzburg).

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