Spopolamento nei borghi sanniti: «Case in omaggio»

Abitazioni in vendita a prezzi irrisori

Una casa in omaggio nel Fortore
Una casa in omaggio nel Fortore
di Celestino Agostinelli
Mercoledì 10 Gennaio 2024, 10:18
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È sempre più evidente lo stato di abbandono abitativo in cui versano interi quartieri dei centri delle aree interne, in particolare Fortore, Tammaro e Miscano. Luoghi sempre più «svuotati». Vicoli e strade solitarie, lungo le quali si vedono raramente sparuti camminatori. Abitazioni che raccontano il passato, molte di esse centenarie, dalle cui finestre si scrutano fievoli luci che illuminano la vita di anziani, sempre più soli. Proprio tra questi vicoli, si possono scorgere anche portoni su cui sono affissi cartelli del tipo «Casa in omaggio», oppure «Vendesi casa a 1.000 euro». Sono tante le abitazioni abbandonate, diverse in rovina, altre disabitate a causa dell'esodo migratorio degli anni Sessanta e Settanta. Fabbricati lesionati o diroccati, accompagnati da un assordante silenzio rotto, in rari casi, solo dal ronzio di Radio Maria o di celebrazioni liturgiche. Eppure i sindaci le provano tutte. Vengono infatti adottate tante strategie proprio per cercare di attirare l'attenzione di famiglie emigrate i cui figli, però, non sono a conoscenza delle loro origini o ignari di avere proprietà immobiliari sparse in vecchi e dimenticati borghi contadini.

Quelle case realizzate con tanti sacrifici, lavoro in miniere estere, fabbriche del Nord, tra impalcati di cantieri in Svizzera o nelle foreste del Sud America, oggi in vendita a prezzi simbolici. «Ho lavorato per quarant'anni in Germania, nella miniera di carbone - racconta Giovanni, ormai ottantenne - e quando finalmente sono riuscito a diventare proprietario di una casa, mi vedo costretto a venderla quasi regalandola, perché i miei familiari si sono ormai stabiliti altrove. Della grande casa ne occupiamo un terzo con mia moglie, il resto ci costa molto in termini di tasse». Spesso è capitato di ascoltare storie di persone che vivono in metropoli ma pronte a «fuggire» nei piccoli borghi, nei paesini con popolazione a bassa densità.

Frasi o comunque modi di dire decisamente affascinanti e fantasiosi, a tratti convincenti, ma che alla fine non si traducono in fatti concreti.

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Tanti primi cittadini cercano con ogni mezzo di adottare una politica per la rigenerazione urbana. Magari con un provvedimento che riduca la tassazione per le abitazioni abbandonate, o disabitate. Come ha chiesto all'assise comunale il consigliere di Castelvetere in Val Fortore, Salvatore Iarossi. Un modo, a suo avviso, per far desistere gli emigrati dal vendere a tutti i costi, magari con iniziative mirate nei periodi estivi o di festività, per indurli a ritornare nel paese natio. Ma l'abbandono delle abitazioni e di fabbricati di proprietà in generale, genera altri gravi problemi. Come il pericolo di crolli, vista la condizione strutturale di molte case, mettendo a repentaglio la pubblica incolumità. Non solo. C'è anche il rischio di proliferazione di ratti, portatori di malattie. Insomma, da borghi dall'enorme potenziale in ambito sociale e turistico a borghi deserti e «pericolosi». Paesi che, stagione dopo stagione, si svuotano, perdendo servizi e attività fondamentali. Pezzi importanti dell'identità di intere comunità destinati ad essere cancellati per sempre. Se è vero, dunque, che un piccolo paesino dell'entroterra sannita spinge in molti casi ad andare via, i suoi preziosi luoghi della memoria potrebbero però rappresentare la giusta leva per apprezzare la bellezza del ritornarci. 

 

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