Melma ed acque rosse a Santa Teresa: la procura chiede l'archiviazione

Le fonti di inquinamento non sono state individuate

Melma ed acque rosse a Santa Teresa: la procura chiede l'archiviazione
di Petronilla Carillo
Martedì 6 Dicembre 2022, 06:10 - Ultimo agg. 07:20
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Chiesta l’archiviazione dell’inchiesta aperta dalla procura di Salerno, era il 2019, sulla presenza di melma nera ed acque rosse a Santa Teresa. La richiesta è stata avanzata dal sostituto procuratore Carlo Rinaldi il quale ha fatto proprie le osservazioni presentate dal comune di Salerno e non le risultanze delle indagini svolte da Arpac e Capitaneria.

Per il magistrato, in pratica, essendo quella una zona vietata alla balneazione, in quanto anche vicina al porto, così come tutta la fascia costiera compresa tra il Masuccio Salernitano e lo scalo commerciale, la presenza di materiale ferroso nelle acque, dovuto a possibili scarichi abusivi, può essere risolta con la messa a punto (fatta solo successivamente dal Comune) delle pompe di sollevamento. Mentre la melma nera, per la quale Capitaneria di porto ed Arpac hanno riscontrato valori di idrocarburi superiori alla media, vengono indicati dal pm - nella richiesta di archiviazione - come «detriti vegetali accumulatisi nel tempo sui fondali e trasportati dalle mareggiate», come si legge proprio nella carte inviate dalla procura al tribunale a fine ottobre scorso. C’erano venti giorni di tempo per presentare opposizione ma questa non è stata presentata. 
 

Il carteggio tra procura ed enti preposti non è molto voluminoso ma le relazioni parlano da sole.

La sezione di polizia marittima, ambiente e difesa costiera della Capitaneria di porto, ha messo tutto nero su bianco, facendo proprie le conclusioni dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, a seguito di una serie di rilievi congiunti tra più enti preposti. Ovvero che sono necessari «ulteriori approfondimenti ed analisi» sui fondali marini per verificare la presenza di idrocarburi ma soprattutto «verificare su tutto il corso del torrente (il Fusandola, quello che sbocca sulla spiaggia di Santa Teresa ndr) la presenza di eventuali insediamenti produttivi ed individuare possibili immissioni; in particolare si ritiene necessario indagare sulla natura e provenienza del deposito che si trova nel torrente per identificare e rimuovere la fonte.

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Nel frattempo, non potendosi escludere impatti sulle risorse naturali, si reputa necessario porre misure di prevenzione». Ovvero, operazioni di espurgo e pompe di sollevamento. Interventi fatti, ma ritenuti dall’Ispra soltanto preventivi e non risolutivi. Infatti le «fonti di inquinamento» delle quali parla la Capitaneria non sono state individuate. Del resto, e questo lo scrive sempre la Capitaneria, poiché quella zona rientra «tra le acque non adibite alla balneazione e permanentemente vietate» la Regione Campania «non effettua il monitoraggio delle acque perché vicina al porto». È la stessa relazione della Capitaneria a rilevare, in un prelievo sull’arenile del 31 marzo 2020, una quantità di «idrocarburi pesanti», insomma metano, superiore alla «concentrazione soglia di contaminazione per i siti ad uso commerciale ed industriale», si precisa nelle carte, aggiungendo che «il sito risulta potenzialmente contaminato». 

Secondo la denuncia presentata all’epoca da quattro attivisti de I figli delle chiancarelle, il fenomeno (e questo è stato effettuato dai continui rilievi degli enti preposti) si verificava in maniera non costante con picchi elevati di contaminazione che poi si riducevano. Il fenomeno delle acque rosse, comunque, ancora si verifica anche se con minore intensità rispetto al passato proprio per le pompe di sollevamento che puliscono ma non purificano. Solo nel 2021 il dirigente del settore Ambiente del Comune, Luca Caselli, in una sua nota ha riferito che la pulizia delle foci dei torrenti, del Fusandola come di altri, avviene una volta all’anno nell’ambito di un progetto specifico.

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