Procreazione assistita, il giallo dei fondi da destinare a Salerno

Procreazione assistita, il giallo dei fondi da destinare a Salerno
di Clemente Ultimo
Sabato 13 Settembre 2014, 22:32 - Ultimo agg. 14 Settembre, 10:25
3 Minuti di Lettura
SALERNO - Poco meno di trecento milioni di euro, 285 per l’esattezza, in dieci anni. Tanto è costato fino ad oggi alle casse della Regione Campania il vero e proprio esodo di coppie costrette a rivolgersi ad ospedali e centri di cura convenzionati delle regioni centro-settentrionali per poter accedere a terapie di procreazione medicalmente assistita. Un onere cui inoltre bisogna aggiungere i costi individuali, rappresentati non solo dall’impegno economico necessario per affrontare i costi di un simile viaggio della speranza, ma anche da disagi e sofferenze. Questa migrazione di coppie verso le regioni del centro-nord è senza dubbio frutto della “distrazione” delle amministrazioni regionali succedutesi dal 2004 ad oggi, incapaci di utilizzare i fondi messi a disposizione dallo stato per la realizzazione di strutture pubbliche in grado di operare efficacemente nel campo della procreazione medicalmente assistita.

Ad alimentare il flusso di pazienti verso le strutture sanitarie di Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, queste le principali mete delle coppie campane, contribuiscono in maniera determinante la città di Salerno e la sua provincia. Salerno, infatti, è il capoluogo campano che fa registrare il più alto tasso di migrazione verso strutture sanitarie extraregionali che si occupano di fecondazione medicalmente assistita.

Quanto alla provincia, la seconda per popolazione della Campania, anche in questo caso i numeri sono da primato. Negativo, purtroppo. Numeri, questi, che non sono stati giudicati sufficienti per dotare Salerno e la sua provincia di strutture pubbliche in grado di rispondere in maniera efficace alla richiesta espressa dal territorio. Carenza che, unita a quelle delle altre province campane, si traduce nel trasferire ogni anno, sotto forma di rimborsi, milioni di euro a quelle Regioni che negli anni scorsi hanno lavorato creare strutture sanitarie in grado non solo di rispondere alle esigenze dei propri cittadini, ma anche di «digerire» il flusso di pazienti provenienti dalla Campania e dalle altre regioni del Mezzogiorno.

A completare il quadro vi è poi un altro dato: la Campania è tra le regioni italiane una di quelle con il più alto numero di strutture sanitarie private dedicate alla procreazione medicalmente assistita. Proliferare di centri medici privati e più alto tasso di migrazione extraregionale, questi i due elementi che compongono un paradosso solo apparente. In realtà tutto si spiega: le lacune del pubblico vengono prontamente colmate dai privati. Ma a quali costi per i cittadini sembrano essere in pochi a domandarselo. In questo scenario non certo confortante si inserisce la vicenda del centro di procreazione medicalmente assistita nato quattro anni fa presso l’azienda ospedaliera, oggi universitaria, Ruggi D’Aragona. La struttura, diretta dal dottor Giorgio Colarieti, attualmente è configurata come centro di primo livello, in grado di effettuare diagnostica e fertilizzazione in vivo. Impossibile, quindi, effettuare fecondazione omologa o eterologa. Per fare questo è necessario trasformare il centro da struttura di primo livello a struttura di secondo livello. Un potenziamento tecnico e strutturale alla portata dell’ospedale salernitano, tanto che non solo esiste un progetto in merito, ma già per due volte è stata presentata richiesta alla Regione Campania per ottenere le risorse necessarie. L’ultimo tentativo è stato fatto pochi mesi fa, all’indomani dell’insediamento del nuovo direttore generale Viggiani. Da Napoli, però, nessun a risposta è arrivata. Eppure in Regione dovrebbero essere disponibili circa 3,6 milioni di euro in un capitolo vincolato proprio alla procreazione medicalmente assistita.







© RIPRODUZIONE RISERVATA