Soldi ripuliti al clan Mazzarella,
quattro condanne a Salerno

Soldi ripuliti al clan Mazzarella, quattro condanne a Salerno
di Nicola Sorrentino
Sabato 22 Ottobre 2022, 06:50 - Ultimo agg. 20:17
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Frode informatica per ripulire 25mila euro a favore del clan Mazzarella di Napoli, quattro le condanne decise dal tribunale di Salerno ieri, al termine del rito abbreviato. Sullo sfondo c’è l’indagine della Dda concentrata nel comune di Cava. Cade l’accusa di riciclaggio, derubricata in frode informatica. 

Queste le condanne: 4 anni e 8 mesi per Leontino Cioffi, 3 anni e 2 mesi per Domenico Alfano, questi ultimi due nocerini. A seguire, 2 anni per Giovanni Ascione e 1 anno e 4 mesi per Roberto Ruggiero, entrambi napoletani.

Nel collegio difensivo gli avvocati Carlo De Martino, Francesco Vicidomini, Paolo Gallina e Angelo Ferraro. La motivazione del giudice sarà depositata entro due settimane. Stando all’indagine, la titolare di una rivendita di abbigliamento da cerimonia di Cava, attraverso una conoscente, fu spinta da un gruppo di persone a convogliare mediante bonifico su un conto corrente estero, dietro promessa di un compenso pari al 15% della somma, la liquidità cedutale attraverso pagamento a mezzo Pos con carte di credito Superflash. L’operazione riguardava una somma di 25mila euro circa. L’entità delle transazioni insospettì la banca, che bloccò l’accredito. Il congelamento dei soldi determinò nervosismo nel gruppo, che avrebbe così preso a perseguitare e minacciare la commerciante, prospettandole gravi ripercussioni fisiche (in un caso fu picchiata), così come la distruzione del negozio. 

La vittima, nel corso dell’indagine, aveva ammesso le sue responsabilità, giustificando quanto commesso per necessità economica legata alle perdite della sua attività commerciale. Con la sentenza regge anche l’aggravante mafiosa, in ragione delle «continue evocazioni a gente di Napoli», oltre alle modalità di come avrebbe agito il gruppo, secondo le ricostruzioni degli inquirenti. Tra queste, il presentarsi in più persone riunite, seguendo la vittima nei suoi movimenti, informandola della conoscenza delle denunce fatte e spiegandole che quell’operazione era gestita da un clan di «spiccata pericolosità». Negli atti d’indagine finirono anche le trascrizioni delle telefonate, che alcuni degli imputati rivolsero alla vittima, paventando l’intervento di esponenti appartenenti all’organizzazione criminale, che secondo l’accusa altro non era che il clan Mazzarella di Napoli: «Si deve fare oggi questo servizio, poi è un problema vostro. Quelli volevano buttare il magazzino a terra, stanno accelerati, ti ho detto stanno accelerati, non li posso mantenere. Chi deve avere i soldi se li viene a prendere da te». Il resto delle accuse comprendeva una tentata estorsione e lesioni, la vittima fu infatti colpita con una serie di schiaffi al volto. La violenza era legata alla mancata consegna, ad uno degli imputati, della quota che lui stesso pretese per aver partecipato all’operazione criminosa.

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