Verolino, il cardiologo salernitano che ha salvato l'ex calciatore Scarnecchia: «Cosa manca al Sud? Occasioni per mettersi in gioco»

Il 32enne si è laureato all'Unisa, ora lavora al San Luca di Milano

Giuseppe Verolino
Giuseppe Verolino
di Brigida Vicinanza
Venerdì 8 Dicembre 2023, 05:10 - Ultimo agg. 12:19
4 Minuti di Lettura

Tempestività e lucidità. Nella mente di Giuseppe Verolino, trentaduenne di Salerno e giovane cardiologo in forza al centro auxologico San Luca di Milano, saranno passate sicuramente queste parole d’ordine quando la notte tra domenica e lunedì ha contribuito con un intervento d’urgenza a salvare letteralmente la vita all’ex calciatore Roberto Scarnecchia che poco prima era stato colpito da un infarto nel cuore della Milano satura di turisti, davanti al Duomo. La storia ha fatto il giro del web tra social e i ringraziamenti dello stesso Scarnecchia che ha voluto testimoniare la “buona sanità” e soprattutto la bontà d’animo di chi non è rimasto indifferente. Gratitudine ma anche quanto di buono c’è, tra i giovani medici che lavorano con passione.

Il salernitano Verolino è stato “un angelo custode” che ha liberato “il cuore affaticato” di Scarnecchia. Una Salerno fiera ed orgogliosa nella giornata di ieri ha fatto “volare” sui social la notizia del salernitano adottato a Milano che ha salvato la vita all’uomo. Un’eccellenza. In questo caso è la definizione giusta per un giovane medico, salernitano, passato alle cronache per aver salvato la vita a Scarnecchia. Giuseppe Verolino è uno specialista nel campo della cardiologia, nato e cresciuto a Salerno (a Fisciano si è laureato in medicina) che ha gestito un’emergenza di non poco conto.

Cosa è accaduto in quegli istanti concitati? 
«Sono stato attivato intorno alle ore 23 dalla mia collega del pronto soccorso per un infarto miocardico acuto. Il paziente, 65enne, è arrivato in ospedale per dolore toracico che durava da un’ora. Nel nostro lavoro il fattore tempo è essenziale sia per la riuscita dell’intervento che per la prognosi del paziente». 
Un medico, probabilmente, non ha il tempo di pensare ma solo di agire. Adesso, invece, cosa pensa? Si aspettava questa grande visibilità? 
«Mi onoro delle manifestazioni di affetto e stima di amici e colleghi, che mi trasmettono motivazione per fare sempre meglio». 
Lei è “emigrato” al Nord. Qual è la sua storia? Cosa manca, invece, nel campo della medicina al Sud? 
«Ho frequentato la facoltà di Medicina a Salerno, proseguendo con la specializzazione in Malattie dell’apparato cardiovascolare presso il Campus Bio-Medico di Roma. Durante la specializzazione, mi sono trasferito un anno presso il centro Cuore “Città di Alessandria” per un training specifico in cardiologia interventistica, dove ho appreso tecniche di trattamento della patologia coronarica e della patologia valvolare aortica. Appena conclusa la specializzazione, ho iniziato a lavorare presso l’ospedale San Luca di Milano. Rispondere cosa manca al Sud è molto complesso; volendo sintetizzare, mi sento di dire che spesso manca una reale occasione di mettersi in gioco». 
È stato definito un “angelo custode”: alla luce dei racconti di malasanità, quanto può fare bene sentire la gratitudine di chi riconosce l’importanza del suo lavoro che diventa missione? 
«La gratitudine fa sempre piacere, a maggior ragione perché troppo spesso si fa presto a parlare di malasanità, e altrettanto spesso a farlo è chi non conosce a fondo le dinamiche. La sanità, come tutti gli altri settori, ha bisogno di risorse. Senza quelle, si fa fatica anche a gestire anche quello che è definito “ordinario” e che rischia di non poter essere garantito». 
Ai giovani medici come lei, cosa si sente di consigliare?
«Dico di affiancare costantemente preparazione e motivazione. Tanto del mio percorso fin qui è frutto dell’aver avuto la possibilità di confrontarmi con realtà professionali diverse. Non nascondo di aver rifiutato opportunità lavorative geograficamente più “comode” pur di perseguire i miei obiettivi». 
E a quelli salernitani che si stanno affacciando a questo mondo? 
«Raggiungere da giovani i propri obiettivi non deve autorizzare a sentirsi arrivati, piuttosto autorizza a credere più tenacemente ai propri sogni». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA