Dargen D'Amico a Sanremo 2024: «Siamo tutti dei nomadi e sta arrivando l'onda alta»

«Ho sempre sognato di scrivere, magari per il cinema italiano, solo che il cinema italiano non era convinto»

Dargen D'Amico torna a Sanremo
Dargen D'Amico torna a Sanremo
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Venerdì 2 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 17:00
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Cazzeggiando cazzeggiando, quello di Dargen D'Amico è il testo più tosto del Sanremo che sta per cominciare. E un filo rosso (oddio, non è che qualcuno storcerà il naso per il colore, infuriandosi come i tori?) collega «Dove si balla», con cui tormentoneggiò all'Ariston nel 2022 con «Onda alta», che il pubblico di Raiuno scoprirà martedì sera: se allora intonò «incubi mediterranei, che brutta fine fermi al confine», stavolta denuncia: «Siamo più dei salvagenti sulla barca. Sta arrivando sta arrivando l'onda alta, Non ci resta che pregare finché passa».

Il tema migranti è divisivo, Jacopo Matteo Luca (ndr: così all'anagrafe il quarantatreenne rapper milanese).
«Sono i migranti ad essere scomodi, è il movimento ad essere scomodo per chi vorrebbe l'immobilità.

Se dobbiamo parlare di tema scelgo quello del nomadismo, che mi appartiene per dna. Ho genitori originari della Sicilia, sono nato a Milano, per fortuna ho girato il mondo per scelta, non per fuga, non perché non avevo alternative. E, poi, credo che, come tutti, ho difficoltà a capire quale sua casa mia».

È quello che, all'Ariston, si chiederà Ghali, milanese di Tunisi, in gara con un pezzo che non a caso si chiama proprio «Casa mia».
«Nel 2023 gli arrivi dei migranti hanno superato 150.000 unità. L'emigrazione è parte imprescindibile dell'esistenza. Nessuno è solo milanese, solo italiano, solo europeo...».

Non a caso hai scelto la BabelNova Orchestra, nata dall'esperienza di Piazza Vittorio, per la serata delle cover.
«Sì, e non a caso, renderemo omaggio a Ennio Morricone usando la sua musica, “The crisis”, che cercheremo di non rovinare troppo con i testi di due miei brani: “Dove si balla”, ma soprattutto “Modigliani”, storia di un italiano, il grande pittore, che emigrò all'estero per avere fortuna, e anche primo pezzo - scartato - che ho presentato a Sanremo».

Ma il palco non ti basta per affrontare l'argomento.
«Proprio così. Aprirò a Sanremo l'Edicola Dargen che ogni mattina distribuirà un fumetto a puntate di Daniel Cuello e nel pomeriggio ospiterà incontri a chi può tentare di dare risposte alle nostre domande: come Cecilia Strada (ResQ Onlus) o Alessandro Porro (soccorritore SOS Mediterranée)».

Intanto c'è l'album «Ciao America», che esce oggi e, dopo il debutto sanremese, uscirà di nuovo con l'aggiunta di «Onda alta»: sono passati due anni da «Nei sogni nessuno è monogamo». Dentro ci sono Guè, Rkomi, Beatrice Quinta e Vincenzo Fasano. Perchè quel titolo?
«Nel disco ci sono molti riferimenti ai miei legami familiari. Da ragazzino l'estate a casa mia era il momento in cui si leggevano le lettere dei parenti emigrati. Con leggerezza giovanile lo definivo il momento “ciao America”. Ecco, oggi quelle lettere assomigliano a quello che faccio io, musica italiana che approfitta degli stilemi musicali degli Usa, senza farli prevalere».

Tu vuo' fa' l'americano, ancora e sempre.
«Certo, Carosone forever. Ma il titolo riassume anche il periodo che stiamo vivendo, con il passaggio dello scettro economico dall'Occidente all'Oriente».

E, quindi: ciao America, ciao?
«Sì, e ciao Italia, siamo un paese in balia dell'immobilismo da almeno 30-40 anni».

Un tempo chi scriveva testi «impegnati» sceglieva formule melodiche, oggi la cassa dritta, che al prossimo Festival sarà quasi una dittatura, tanto sarà presente.
«Me lo hanno detto. Personalmente amo il ritmo, mi piace ballare e far ballare e racconto le cose che vivo, che vedo, che capisco. Mi diverto a produrre, a trovare il groove, meno nell'affrontare i testi. Eppure la produzione non mi chiarisce nulla, mentre la scrittura mi mette di fronte a risposte che magari non cercavo, è una sorta di igiene personale, mi permette di buttare fuori cose che altrimenti terrei dentro».

Hai sempre pensato di scrivere canzoni?
«No, però di scrivere sì, magari per il cinema italiano, solo che il cinema italiano non era convinto».

Sanremo sì.
«Se posso andare io a Sanremo, vuol dire che non esistono limiti». 

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