Irama a Sanremo 2024: «Urlerò come Riccardo Cocciante che sa graffiare l'anima»

«All'Ariston inizia il viaggio del mio nuovo disco e con il disco inizierà il viaggio dal vivo»

Irama torna a Sanremo
Irama torna a Sanremo
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Lunedì 29 Gennaio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 19:16
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Questione di feeling: Irama, all'anagrafe Filippo Maria Fanti da Carrara, 28 anni, si prepara ad una tempesta tonsillare per il suo ritorno a Sanremo. Nel 2016 si affacciò nelle Nuove Proposte; nel 2019 fu settimo con «La ragazza con il cuore di latta»; nel 2021, pur bloccato dalla pandemia a causa di un collaboratore risultato positivo e in gara solo attraverso video registrati, finì quinto con «La genesi del tuo colore»; nel 2022 sfiorò il podio con «Ovunque tu sarai», quarta. Il 6 febbraio urlerà - letteralmente - al cielo «Tu no», con foga degna del più irruento Riccardo Cocciante che, non a caso, appunto, sarà il suo partner nella penultima manche, quella delle cover.

«Solo una stupida canzone per riuscire a riportarti da me»: serve davvero gridare così tanto per dirlo, Filippo? Sono così esplosive le emozioni che metti dentro la tua canzone?
«Sì, per me sì e anche l'idea di Riccardo è dettata dal tono del brano, dalla prestazione vocale che richiedo a me stesso, della ricerca di un climax emotivo in cui l'ugola svetta su pianoforte e orchestra.

Rappresenta il disco che verrà, che ha anche un'anima soul. Torno con una ballad, è vero, ma diversa, non allude, è diretta, sputa in faccia la verità, parla di mancanza, di assenza».

E l'assenza è un assedio, cantava Piero Ciampi. Urlare serve a rompere quell'assedio? E chi è la persona con cui parli, il «tu» a cui ti rivolgi?
«Non dico a chi è dedicata, non mi piace personalizzare troppo il mio messaggio, chi mi ascolta deve essere libero di pensare che io stia parlando di lui. La musica, la scrittura in generale, si devono poter indossare liberamente, adattarsi a tutti».

Torniamo a Cocciante.
«Come lui proverò a mettere nel microfono il graffio dell'anima. Riccardo è un maestro dell'emotività nuda e cruda. Insieme duetteremo “Quando finisce un amore”, un brano pubblicato esattamente cinquant'anni fa, nel 1974. È un onore poter cantare con Cocciante, sarà bellissimo e anche difficile, una vera sfida. È un momento che mi rimarrà per sempre. Faremo una canzone che è un'altalena di emozioni: le condivideremo».

Quarantesette dischi di platino, quattro d'oro, quasi due miliardi di streaming e oltre novecento milioni di visualizzazioni per i tuoi video. Eppure i bookmaker non ti danno tra i favoriti, prevedono un podio femminile (Annalisa, Bertè, Amoroso) con Geolier unico possibile rivale.
«Per me all'Ariston inizia il viaggio del mio nuovo disco più che una gara e con il disco inizierà il viaggio dal vivo. Ogni album è una ripartenza, una nuova sfida, un modo di alzare l'asticella del mio fare musica. E poi stavolta mi interessa la canzone più di ogni altra cosa, look compreso».

Il tuo pop guarda alle grandi produzioni internazionali.
«Il disco non è nato in America, come successo invece con “No stress”, il progetto diviso con Rkomi. Io faccio molto avanti e indietro, per la scrittura il mio ombelico del mondo è diventato la Puglia. Milano è grigia, a me servono quelle energie che vengono dai luoghi dove l'uomo ha fatto la storia. Se mi siedo su un prato in Puglia e se mi siedo su una panchina a Milano non è la stessa cosa. Mio nonno sentiva la pioggia nelle ossa, noi abbiamo perso il contatto con la natura, quando sono in Puglia me ne riapproprio».

Dove si sente arrivato oggi Irama?
«Ho ancora le maniche rimboccate. Spero di continuare sempre a cambiare, a fare musica, anche a copiare dai grandi musicisti: persino Mozart rubava da quelli che c'erano prima per creare qualcosa di inedito e di nuovo».

E Filippo che persona è diventata?
«Resta uno poco ordinato, nel mangiare, nel dormire, nello scrivere, soprattutto di notte. Se continuo a vivere così tra vent'anni sarò fuso».

Hai fatto sentire «Tu no» a Maria De Filippi, visto che tutto è iniziato, o quasi, nel 2017 ad «Amici»?
«Sì, certo, e le è piaciuta. Con lei ci scambiamo messaggi come due persone che si rispettano e si vogliono bene».

Come concili tormentoni e brani più intimisti e profondi?
«Nella vita non siamo sempre allegri, o tristi, o profondi, o innamorati, o cervellotici, o cazzeggioni. Io nella canzone provo a mettere tutto quello che mi capita. In Italia centrare un hit sembra quasi qualcosa di cui bisogna scusarsi, io spero di continuare a farlo. E a non scusarmi con nessuno per questo». 

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