Giovanni Truppi, nuovo album: «Le mie canzoni alla ricerca di una comunità»

«La scelta è alla base del disco: che cosa scegliere? come scegliere? quando scegliere? ha senso scegliere?»

Giovanni Truppi
Giovanni Truppi
di Federico Vacalebre
Venerdì 28 Aprile 2023, 11:00
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Una rondine non fa primavera, certo. Nemmeno due, però potrebbero essere indizio di uno stormo prossimo venturo. Succede che dopo le «Tredici canzoni urgenti» di Vinicio Capossela arrivino le poco più, altrettanto urgenti di Giovanni Truppi: «Infinite possibilità di essere finiti», in uscita oggi, è il quinto album del quarantaduenne cantautore napoletano, sospeso tra il senso di colpa dell'uomo occidentale, cosciente di aver rovinato pianeta e culture, e la voglia di godersi la vita con Lucia, la figlia già evocata al Sanremo 2022, e la moglie Chiara; ma sospeso anche tra le canzoni da cantautore e quelle da provocautore ambient e rumorista.

«Cercavo di qua, cercavo di là/ stavo cercando la felicità», dice il ritornello centrale di questo disco dicotomico, sorta di dialogo interiore tra un impegnato e un non so, tanto per scomodare il signor G. Torna la canzone politica, Giovanni?
«Non lo so, ma: sì, quel dibattito è al centro di questo lavoro, magari allargato al dibattito tra me, il solito Marco Buccelli e Niccolò Contessa, che l'hanno prodotto e con me hanno vissuto il travaglio della preparazione.

Ci sono le ferite a vista dell'uomo della nostra società, il senso di colpa che per qualcuno è una sorta di coautore segreto dell'album».

«Moondrone» è una canzone dell'amore non perduto, che regala erezioni persino al telefono e condanna a motivetti stupidi. «Amarsi come i cani» è il ricordo del sesso puro e animale. Insomma, cosa scegliamo tra il personale e il politico, per tornare a un antico slogan?
«La scelta è alla base del disco: che cosa scegliere? come scegliere? quando scegliere? ha senso scegliere?».

Difficile farlo di fronte alle «Infinite possibilità» che poi danno il titolo al lavoro. In quel pezzo rimpiangi «una società di comunità», parrocchie e sedi di partito comprese.
«Sono cose che conosco, ho avuto un'educazione cattolica, da cui il suddetto senso di colpa. Ma non parlerei di rimpianto: se sono forme superate vuol dire che dovevano essere rinnovate. Però sì, credo che dovremmo ritrovarci come comunità, in qualche modo».

Il testo dice: «Quindi mi sembra che due sono le cose: o ci dedichiamo a costruire delle alternative a questo sistema politico, oppure almeno ci iscriviamo tutti al Pd. La struttura c'è, le sedi pure, già affittate. Piano piano ce lo prendiamo da mano a questi e cerchiamo di capire». Occupy Pd? Tendenza Schlein?
«Sono solo alcune delle infinite possibilità che abbiamo di fronte. Questo disco ha tante facce - testuali, sonore - al confronto di un lavoro monolitico come il precedente Poesia e civiltà del 2019, che pure era in qualche modo politico».

Veniamo al sound? Ci sono paesaggi sonori, «landscape», ambient, piano solo, talkin' al confine di un hip hop astratto, i rumori di Centocelle e del traffico di Bologna, saluti funebri, tormentini dell'era del precariato («Non ci sono soldi nemmeno per i saldi» in «Amico»), «Blonde» di Brian e Roger Eno trasformata in una quasi canzone, il profumo del De André di «Storia di un impiegato»...
«Ho scoperto alla fine che c'erano così tanti rumori, così tanto parlato, così tante cose che non avevo pensato di mettere insieme».

Ancora le infinite possibilità, questa volte soniche. «Temporale» si apre alla speranza. La protagonista sembra averla trovata la felicità.
«È una donna incinta che cammina pensando alla vita che porta dentro, che almeno per quel momento sa bene che cosa ha scelto, quale è il suo ruolo nella vita. Dalla nascita alla morte, a ogni passo della nostra esistenza ci confrontiamo con la nostra finitudine: scegliamo, imbocchiamo sentieri, optiamo per una delle innumerevoli diramazioni del possibile, prendiamo posizioni. Lei è in una posizione privilegiata, per quanto effimera, momentanea». 

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