Gli U2 a Las Vegas, apre la residenza allo Sphere

Tra i tanti vip alla premiére di venerdì anche Paul McCartney

Gli U2 a Las Vegas
Gli U2 a Las Vegas
di Andrea Spinelli
Lunedì 2 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 15:33
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Il treno partito 32 anni fa dalla Zoologischer Garten Banhof di Berlino con a bordo la varia umanità di uno tra gli album più fortunati degli U2, «Achtung baby», è arrivato nel weekend a Las Vegas sul binario di The Sphere. Con due anni di ritardo sull'anniversario causa pandemia, ma pazienza. E per i 437.000 spettatori che fino al 16 dicembre riempiranno i 25 concerti in cartellone è valsa la pena di aspettare perché, graie ad uno schermo avvolgente grande come tre campi da calcio, lo spettacolo è smisurato, efficacissimo, con un unico rischio: quello di vedere il contenitore fagocitarsi il contenuto.

Anche se ci pensano i 47 anni di storia della band a riequilibrare le cose. È il primo show stanziale nella storia degli eroi di «One», concepito per un megaschermo di 15.000 metri quadri ad altissima definizione e un avanzato sistema audio di oltre 160.000 diffusori capaci di offrire alla loro musica un suono compatto, definitissimo, impensabile negli stadi e nelle arene.

Formidabili i video, a cominciare da quello iniziale, che durante «Zoo station» sembra sfondare la parete alle spalle del piccolo palco a forma di giradischi (ispirato ad una realizzazione di Brian Eno) per aprire la sfera al mondo che gli gira attorno.

Bandiere di fuoco nel deserto, omaggi ad Elvis, soffitti di numeri colorati che sembrano precipitarti addosso, insetti, nature morte in bianco e nero che si animano prendendo colore, la stessa Las Vegas che pulsa in time-lapse davanti all'obiettivo, eccitano il nervo ottico esaltando il suono.

Lo show è costruito sostanzialmente su due album, «Achtung baby», eseguito per intero anche se in due tranches, e «Rattle and hum», evocato da quattro frammenti in chiave acustica di «All I want is you», una «Desire» impreziosita da un Bono all'armonica, «Angel of Harlem» e «Love rescue me».

Tra i super classici manca «Pride (in the name of love)», ma ci sono «Elevation», «Vertigo», «Where the streets have no name» e «With or without you». Tutte nel bis. Non manca neppure il nuovo singolo «Atomic city», pubblicato proprio sulla spinta di questa residency. E a chi sembra che il refrain ricordi qualcosa ha ragione, perché è un omaggio al classico dei Blondie «Call me» col suo carico di gloria, anche cinematografica, per la presenza nella colonna sonora di «American gigolò» (nei crediti, oltre al quartetto irlandese, compaiono regolarmente sia Debbie Harry che Giorgio Moroder).

Numerose come sempre le citazioni, che sabato mister Vox ha elargito volando con la voce e il pensiero alla Piaf («Non, je ne regrette rien») come a Sinatra («My way»), a Lou Reed («Walk on the wild side») come a Prince («Nothing compares 2 you» dedicata anche a Sinéad O'Connor).

Durante le prove, la band avrebbe predisposto tre setlist in modo da ruotare le canzoni, ma in questo primo weekend ne ha usata una sola, che parte da «Zoo station», appunto, per arrivare dopo due ore e un quarto circa a «Beautiful day». Dietro ai tamburi manca Larry Mullen jr. per i postumi di un intervento chirurgico, ma il sostituto Bram van den Berg, motore ritmico della band olandese Krezip, svolge il suo compito onestamente. 

Video

Alla premiére di venerdì c'erano Dr. Dre, Matt Damon, LeBron James, Oprah Winfrey, Snoop Dogg, Sheryl Sandberg, Sting, Chelsea Clinton, Maria Sharapova, Jimmy Kimmel, Katy Perry, Orlando Bloom e Jeff Bezos. C'era pure Paul McCartney e la cosa ha scatenato illazioni sulla possibilità che una serie di concerti stanziali a The Sphere possa interessare anche a lui. Di sicuro interessa ad Harry Styles, che starebbe vagliando l'ipotesi. Intanto, nell'attesa di notizie riguardanti la serie Netflix sugli U2 scritta da Anthony McCarten, già sceneggiatore al cinema del fortunatissimo «Bohemian rhapsody», Bono ha partecipato all'adattamento animato della favola «Pierino e il lupo» di Sergei Prokofiev che Max (ex Hbo) manderà in onda alla fine del mese. Narrata da Gavin Friday e illustrata dal cantante stesso assieme alle figlie Eve e Jordan, questa versione potrà contare pure su una canzone scritta da lui e intitolata «There is nothing to be afraid of». Insomma, Bono uno e trino, anche se nel rock dei suoi inizi il kolossal di Las Vegas sarebbe apparso come una bestiemmia. Quando artisti così non ci saranno più, bisognerà ricorrere agli ologrammi. Come quelli degli Abba a Londra. 

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