Negli ultimi anni Alessandro Borghi si sente artisticamente libero. «Interpretare qualcuno per me vale sempre la pena, anche se è una persona che avrei potuto o dovuto giudicare. Rocco l’ho conosciuto e gli voglio bene, ti lancia le sue emozioni...». Ma «la libertà della sessualità - racconta l'attore a La Repubblica - è un tema scomodo in un Paese fondamentalmente bigotto. La serie ha significato anche avere a che fare con il mio corpo in una certa maniera, relazionarmi con quello degli altri». Insomma per Borghi la serie Supersex sulla vita del pornodivo, da oggi su Netflix, «parla di famiglia, amore, politica. Ha una valenza sociale importante, rispetto alla figura dell’uomo e della donna e rispetto al porno, in una società che finge di rifiutarlo e poi se ne nutre da anni».
Gli inizi da cameriere
Un animo umano, una visione decisamente diversa della realtà.
Il figlio
Il successo non gli è mai dato alla testa. Mai perché a tenerlo con i piedi per terra, racconta ancora a La Repubblica, c'è tutta la sua famiglia e soprattutto mio figlio. «Sono bravo a stare con i piedi per terra. So da dove vengo e cosa voglio essere. Ho vissuto per molto tempo nella paura di guardarmi allo specchio e scoprire di essere diventato una cosa diversa. Ho tanti esempi di chi si è perso. Non ho mai avuto a che fare con la droga, forse perché non volevo perdere il controllo di me stesso...».