Dune, al cinema la seconda parte con Timothée Chalamet: «A cavallo di un verme? La scena più difficile»

Timothée Chalamet torna nei panni di Paul Atreides, figlio di una nobile famiglia il cui destino si compirà durante questa seconda parte della storia

Timothée Chalamet sul set
Timothée Chalamet sul set
di Francesca Scorcucchi
Venerdì 16 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 17 Febbraio, 06:49
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Dennis Villeneuve invita gli spettatori al cinema il 28 febbraio per la seconda parte di «Dune», trasposizione cinematografica del famoso romanzo sci-fi di Frank Herber la cui prima parte nel 2021 era stata presentata a Venezia e aveva realizzato grandi numeri al botteghino. «Questa seconda parte inizia solo poche ore dopo la fine del primo film», spiega il regista canadese: «Avevo un senso di urgenza, quasi a voler correggere tutti gli errori della prima parte. Ogni regista vede errori in quello che fa», spiega nella conferenza stampa di presentazione del film.

Girato nella seconda metà del 2022 a cavallo tra l'Ungheria e Abu Dhabi, con un'incursione nella provincia di Treviso, «Dune parte seconda» vede di nuovo protagonista Timothée Chalamet nei panni di Paul Atreides, figlio di una nobile famiglia il cui destino si compirà durante questa seconda parte della storia. «Con la prima abbiamo gettato le fondamenta.

Questa seconda parte è il consolidamento», dice il giovane attore candidato all'Oscar nel 2018 per «Chiamami con il tuo nome» di Luca Guadagnino e recentemente protagonista di «Wonka».

Paul Atreides diventerà il Messia che il popolo aspetta, si innamorerà (di Chani, interpretata da Zendaia), guiderà il popolo Fremen nella guerra contro la spietata dinastia degli Harkonnen e riuscirà a domare e cavalcare un enorme verme delle sabbie, come indicato da un'antica profezia: «Quella è stata la scena più difficile da girare», dice Chalamet, «ci abbiamo messo tre mesi. C'era sabbia da tutte le parti ed è stato fisicamente estenuante». Villeneuve, infatti, si avvale degli effetti speciali con estrema parsimonia. Preferisce la realtà, la sabbia di un vero deserto negli occhi e sui vestiti: «Io vengo dal mondo dei documentari. La prima condizione che ho posto, quando il progetto era ancora in discussione, era che avrei girato in un luogo reale, in grado di darci ispirazione. “Lo squalo” non fu girato in una piscina».

Dal 1965, quando arrivò per la prima volta alle stampe, Dune è considerato il romanzo sci-fi per eccellenza, la madre di tutte le avventure di fantascienza. George Lucas non ha mai fatto segreto di essersi ispirato a quel racconto per il suo «Guerre Stellari». Affronta temi come la sopravvivenza umana, la religione, l'ecologia, la politica e il potere: c'è una casa nobiliare in decadenza, c'è la nascita di un profeta, una guerra di religione e c'è l'amore fra i due ragazzi: «Chani è una guerriera, una dura», sottolinea Zendaia, attrice e cantante: «È nata sul pianeta Arrakis, è quello il mondo che conosce. Poi in quel suo mondo arrivano altri e lei non è contenta, ma qualcosa in Paul la colpisce. Non vede in lui, quello che vedono gli altri, ovvero un profeta o un destino che si compie. Vede un ragazzo di cui si innamora e per questo lo fa entrare nel suo mondo. C'è molta profondità nella loro relazione. Lei non è soggiogata da Paul, semplicemente ne vede le qualità. Amo il cuore e l'intelligenza di Chani».

C'è anche il potere e la fredda perfidia degli Harkonnen. Lo spietato Baron (Stellan Skarsgård) e il suo degno nipote Feyd-Rautha, interpretato da Austin Butler, candidato all'Oscar lo scorso anno per «Elvis». Butler è irriconoscibile, completamente pelato e con una sinistra fronte sporgente: «Per interpretarlo ho esplorato ogni mio lato oscuro, ogni mia zona d'ombra. È un personaggio totalmente cattivo e totalmente diverso da me e da chiunque abbia mai interpretato prima e per questo è stato divertente».

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Al cinema Feyd-Rautha era già arrivato negli anni Novanta. Interpretato da Sting nella versione di «Dune» di David Lynch. A suo tempo si era parlato di un possibile cameo del rocker nei film di Villeneuve ma poi lo stesso regista aveva cambiato idea per rispetto di Lynch che considera il suo «Dune» il film più brutto mai fatto: «Sono sempre stato influenzato dalla filmografia di David dal suo modo di creare la paura e non sono d'accordo con lui», spiega il filmaker, «andai a vedere il suo “Dune” appena uscì e mi divertii, anche se non era esattamente l'adattamento che mi aspettavo. Quella storia mi ha stregato fin da quando, adolescente, ho letto il romanzo: con gli amici mi divertivo a farne lo storyboard, posseggo ancora quella copia del libro». 

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