Spalletti in Nazionale, garantisce Gian Piero Ventura: «L'Italia è in buone mani»

«La Nazionale non poteva avere una guida migliore»

Luciano Spalletti a Coverciano
Luciano Spalletti a Coverciano
Eugenio Marottadi Eugenio Marotta
Giovedì 7 Settembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 17:24
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Ha sempre fatto il tifo per la Nazionale e da sabato farà il tifo anche per Luciano Spalletti. Parola di Gian Piero Ventura che ha tenuto a battesimo l'attuale Ct prima come giocatore (ai tempi dell'Entella e dello Spezia) e poi come collega.

Spalletti è la scelta giusta per la Nazionale?
«La Figc non poteva scegliere di meglio. La Nazionale non poteva avere una guida migliore. Per Luciano poi è la ciliegina sulla torta di una carriera importante. Gli sono affezionato: merita tutto il bene possibile. Non ho mai tifato per un Ct, ma per l'Italia: ora tifo anche per il Commissario tecnico».

Lo ha sentito? Che effetto Le fa vederlo in Nazionale?
«L'ultima volta che l'ho visto è stato alla vigilia di Torino-Napoli quando sono andato a trovarlo in ritiro.

Gli ho fatto i complimenti per lo scudetto e qualche giorno fa un in bocca al lupo per la Nazionale con un messaggio».

Neanche una telefonata?
«Ci mancherebbe altro. So bene cosa significa quando diventi Ct: hai una media di mille telefonate al giorno e duemila messaggi. Mi sono limitato ad un whatsapp».

Le ha risposto?
«No, ma se deve rispondere a tutti non ha il tempo per allenare. E di tempo ne ha avuto poco: tra firma, presentazione e allenamenti. Ma tra di noi non c'è bisogno di questo».

Lo ha conosciuto da giocatore: aveva intuito un futuro da allenatore?
«Ho ravvisato la personalità che poi sviluppava anche in campo. Poi gli sono stato vicino quando ha iniziato a fare l'allenatore».

In che modo?
«Lui è un perfezionista: faceva mille domande per sapere mille cose. Poi c'è stato un percorso in squadre diverse dove io andavo a trovare lui e viceversa».

Quali saranno le principali difficoltà per Spalletti?
«Il poco tempo a disposizione. In un club puoi incidere sulla testa dei giocatori perché li alleni tutti i giorni. Da Ct viene più difficile. Se poi hai 5 giorni con Di Lorenzo sono sufficienti perché lo conosci, con un giocatore che non hai mai allenato può essere più complicato. Ho letto che basta mettere tizio a fare Lobotka e mettere caio a fare Zielinski e l'Italia farà come il Napoli. Non funziona così».

E come funziona?
«Lobotka ha impiegato un po' di tempo prima di essere Lobotka... Poi sono d'accordo con lui quando dice che l'Italia dispone di un centrocampo fortissimo, con giocatori di grande qualità e vogliosi».

Sabato la Macedonia e poi l'Ucraina con l'incubo di un'altra eliminazione...?
«Non ci voglio neppure pensare. Tutti dobbiamo tifare e pensare positivo: a tutto il resto ci penseranno Luciano e suoi ragazzi. Credo che Spalletti sia entrato con il piede giusto a Coverciano, portando quella positività dovuta alla straordinaria cavalcata dell'anno scorso. Sono certo che l'ha trasmessa e la starà trasmettendo a tutti i calciatori».

Cosa si aspetta di vedere dall'Italia di Spalletti?
«Il lato positivo è che giocherà con il tridente che la Nazionale era già abituata a fare. Ma con pochi giorni a disposizione non mi aspetto certo di vedere il suo Napoli della scorsa stagione. Quello era un godere, una libidine un po' più difficile da replicare. Oggi, nell'immediato, non si può cercare il pelo nell'uovo, ma il risultato. Il resto arriverà strada facendo. Ci auguriamo sia tutto favorevole».

A proposito del Napoli, un giudizio sui primi 270’ dei campioni d'Italia?
«È prematuro. Certo, se si guarda il secondo tempo con la Lazio mi verrebbe un po' di preoccupazione: non eravamo abituati a vedere incassare 4 gol. Ma è presto. Più avanti poi andrebbero fatte riflessioni un po' più ampie».

Di che genere?
«Chi non è abituato a vincere rischia di avere un po' la pancia piena. I pochi cambiamenti fatti nel Napoli potrebbero non essere di grande aiuto a Garcia. Ma anche all'allenatore francese bisogna dare tempo. Le mie favorite per lo scudetto restano le due milanesi e il Napoli con l'incognita del cambio di allenatore e del poco rinnovamento».

Il ricordo più bello che ha di Napoli?
«I 70mila all'esordio in campionato in serie C. Allora ho capito cosa significa giocare a Napoli e per il Napoli». 

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