«Napoli prima», gli occhi e le voci della città che aspettava lo scudetto

Il corto del regista Geremei sarà presentato in una rassegna al teatro Posillipo

Un'immagine dello stadio Maradona nel corto "Napoli prima"
Un'immagine dello stadio Maradona nel corto "Napoli prima"
Francesco De Lucadi Francesco De Luca
Sabato 13 Aprile 2024, 06:51 - Ultimo agg. 13:36
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“Napoli prima”. Napoli prima del derby con la Salernitana del 30 aprile scorso, che non avrebbe consegnato gli azzurri alla storia soltanto perché lo scudetto fu vinto quattro giorni dopo, con il pareggio a Udine. Ma anche Napoli prima nelle classifiche del campionato e della felicità, perché non vi è stata una festa più lunga e intensa di quella vissuta appena un anno fa. Il regista Paolo Geremei, che ha recentemente firmato con Simone Herbert Paragnani il film “Adesso vinco io” dedicato al ct mondiale (ed ex allenatore del Napoli) Marcello Lippi, ha realizzato il corto di 20 minuti “Napoli prima” (Redgital) che racconta quella attesa e sarà presentato martedì 16 presso il teatro Posillipo nella quindicesima edizione della rassegna “I corti sul lettino: cinema e psicanalisi”, diretta dal professore Ignazio Senatore.

In “Napoli prima” non ci sono immagini di calciatori e lo stadio Maradona è ripreso soltanto una volta, nella notte della vigilia di Napoli-Salernitana.

Spiega Geremei: «Nessun murale di Maradona, nessun gruppo di tifosi: m’interessava il riflesso, l’altro. Quell’impercettibile attesa esplosiva che era nell’aria, di tutti e per tutti. Andava cercata nei silenzi e nelle risate nervose, così come nel colpo improvviso di un clacson e in quello morbido di un remo sull’acqua. Nella miracolosa preghiera a San Gennaro e in quella a San Diego. Nel vivere quotidiano che non sarebbe stato più lo stesso». Nel racconto della grande attesa - lunga non poche ore ma ben 33 anni - di «una città che non sarebbe cambiata ma sarebbe stata diversa» non ci sono infatti immagini di follia collettiva, i rumori e i colori forti di quei giorni. Anzi, emerge la (forzata?) calma degli intervistati, dai quartieri popolari a Posillipo. Non si vedono tifosi che invadono le piazze, creando - come accadde quella domenica e nelle successive giornate della gloria - uno “stadio” in ogni quartiere. L'unico corteo è quello di una processione. Geremei mette in fila le emozioni dei tifosi, dai più anziani ai più giovani, come quel ragazzo che ricorda le trasferte sui «campi di patate della serie C» e poi osserva emozionato lo scudetto disegnato sulla sua maglietta azzurra. C’è chi fa il filosofo: «L’attesa dello scudetto vale più dello scudetto». E altri sottolineano l'aspetto sociale, che accompagna i successi fin dai tempi di Maradona: «A Napoli lo scudetto è storia perché i vuoti sono colmati con la passione per il calcio».

La differenza rispetto agli scudetti di Diego è stata più che altro nell’aspetto economico, perché nel 1987 e nel 1990 non esisteva il turismo calcistico, che ha invece arricchito la città nella primavera di un anno fa. Sono arrivati da tutto il mondo per godersi la festa, festeggiare con i napoletani a piazza Plebiscito o davanti al murale di Maradona, il Capitano ricordato in quei giorni da Spalletti e dai neo campioni d'Italia. In sottofondo si sentono le note de “La Mano de Dios”, i tifosi di tutte le età lo definiscono proprio così: un dio. Fu lui, uomo del profondo Sud del mondo, a lanciare la grande sfida al Nord negli anni Ottanta. Quel Nord che nei giorni del terzo scudetto - sottolinea uno degli intervistati in “Napoli prima” - doveva inchinarsi e applaudire la grande squadra di Spalletti e la città in amore, prima magari di tornare ad odiarla. Il senso di una battaglia nuovamente vinta dopo oltre trent'anni.

È stato un salto (all'indietro) troppo lungo quello compiuto dal Napoli da un anno all'altro. Forse leggendo nel futuro, un tifoso dice: «Questo scudetto? Come la cometa di Halley, che vedi una volta nella vita». Fu davvero così? Un’altra Napoli prima quando la rivedremo?

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