D'Amico, un capobranco felice di stupire Avellino

Il racconto dall'infanzia al difficile esordio in serie A

Felice D'Amico
Felice D'Amico
di Titti Festa
Sabato 22 Luglio 2023, 10:03 - Ultimo agg. 12:50
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Qualcuno sostiene che il destino sia tutto nel nome, compagno fedele di una vita intera. Nel suo caso non è proprio così: perché Felice D'Amico la felicità ha dovuto conquistarsela giorno per giorno, errore dopo errore, caduta dopo caduta perché essere abbandonato dalla propria mamma, molto povera, a sei anni è una ferita che rimane per sempre.

Poi ha ricevuto tanto amore da Igino Lo Bianco, un pastore che lo adottò dopo averlo incontrato nella parrocchia che lo ospitava. «Sono cambiato» è la frase che ripete più spesso nel corso della conferenza stampa nella quale lascia tutti a bocca aperta: per la sincerità, la maturità che dimostra nonostante abbia solo 23 anni, la anti retorica che gli appartiene eccome. 

Non ha nulla del classico calciatore che ama le frasi fatte e banali. Ogni risposta è un mix di frecciatine a sé stesso e agli altri, perché Felice è uno che si è messo tanto in discussione, che ha dovuto cambiare direzione per forza, altrimenti sarebbe finito sicuramente fuori strada. 

«Io non sono qui per fare promesse, per raccontare bugie ai tifosi e a me stesso. Non serve parlare, le parole volano e si sciolgono come neve al sole.

Sono necessari i fatti, dimostrare di valere qualcosa. Una cosa però posso dirla: non mi risparmierò mai e poi lotterò fino a quando ne avrò le forze». 

Palermitano doc, D'Amico è stato la stella di settori giovanili importanti come quello della sua città, dell'Inter, Chievo Verona e Sampdoria dove è riuscito a collezionare due presenze in serie A. In Lega Pro si è messo in mostra con Pro Sesto e Gubbio.

«Giocare in Primavera ti dà anche sicurezza personale, perché in fondo ti viene tutto facile, ma la Serie C è differente, affronti professionisti seri, ci vuole professionalità, non puoi sbagliare, qui non si scherza. Sono venuto ad Avellino con grande mentalità, per essere più incisivo e cattivo sotto porta e determinante nelle partite». Per questo dire sì a Perinetti non è stato difficile.

«Il direttore mi ha chiamato ed io ho accettato: due chiacchiere e abbiamo chiuso. Il ritiro? È chiaramente stancante, ma obbligatorio per affrontare il campionato con la mentalità e le energie giuste». Il trequartista è un ruolo particolare: D'Amico non è il solo visto che c'è anche Varela. La domanda però sul dualismo quasi lo infastidisce forse perché la ritiene banale.

La risposta non può che essere scontata, accompagnata dallo sguardo fisso sul suo interlocutore. «Non c'è molto da dire: siamo giocatori a disposizione dell'allenatore. Non c'è rivalità, siamo un gruppo coeso, c'è compattezza. Dobbiamo dare il massimo in campo e poi Rastelli valuterà e farà le scelte migliori per il campionato».

A proposito di mister: ce ne è uno che ha segnato la sua vita e carriera. Claudio Ranieri un giorno gli disse una frase che non dimenticherà mai: «Tu hai un grande bagaglio tecnico, ma devi migliorare con la testa e sotto il profilo della volontà».

È una lezione che gli è ancora più chiara ora che è diventato padre. «Nel mio passato ho sbagliato tante volte, ho inciso anche in quel modo, ma oggi sono cambiato e difficilmente ci cadrò di nuovo. Ora ho mia moglie Gisella, che mi ha cambiato la vita, mi ha fatto capire come si sta al mondo come padre, da marito, mi ha fatto comprendere che è del tutto inutile fare sciocchezze in giro. Santiago è la cosa più bella che mi potesse capitare: ora siamo in attesa di un altro maschio».

Anche Felice come Mulè ha il lupo tatuato ma non lo mostra, quando ne parla però diventa serio e si emoziona. «Non ve lo faccio vedere, lo feci tanti anni fa, e se oggi sono qui è stato il destino. Il lupo rappresenta un po' quello che ho passato nella mia vita: voglio essere un capo branco, sia a livello educativo che familiare perché solo così puoi migliorare. Il lupo quando va a caccia prende la preda. Nella mia vita so di aver sbagliato: me lo sono tatuato perché voglio essere ambizioso e prendere tante prede. Per questo ho scelto l'Avellino».

Il numero scelto è il 77. «La data di nascita di una delle persone più importanti della mia vita: spero mi guardi dall'alto e sia orgogliosa di me». Il suo mito è Antonio Cassano del quale vuole imitare solo il genio visto che la sregolatezza ha deciso di abbandonarla. «È un riferimento, un grandissimo dal punto di vista calcistico, non ci sono dubbi su questo».

Sapere cosa c'è in palio nelle partitelle tra i rossi e i bianchi è impossibile. «Non lo dirò mai e poi mai: sono segreti solo nostri. Posso affermare conclude D'Amico - una cosa: ogni partitella di ogni allenamento, in qualsiasi giorno dell'anno sarà importante, rappresenterà la finale che ci permetterà di conquistare qualcosa di veramente grande». 

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