Napoli, la rabbia degli ultras dopo il ko di Empoli: «Non siete degni di questa maglia»

La rabbia dei tifosi: Di Lorenzo a colloquio sotto la curva

La rabbia degli ultras dopo il ko
La rabbia degli ultras dopo il ko
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Domenica 21 Aprile 2024, 08:00 - Ultimo agg. 20:00
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Di Lorenzo è impietrito sulla linea di fondo campo ma non indietreggia. È il capitano, ha mezzo passo in avanti rispetto agli altri che sanno di non potersi sottrarre. Non ha la forza di avanzare verso la curva degli ultrà infuriati, non sa cosa sia la cosa giusta da fare. Trenta secondi immobili, Giovanni Di Lorenzo e gli altri a guardare negli occhi la rabbia degli ultrà. «Ve li diamo noi, ve li diamo noi...i coglioni ve li diamo noi». Esitano, l’aria è gelida ma ribolle di tensione. Non c’è polizia, gli steward sono pochissimi: basterebbe un balzo perché i tifosi del Napoli piombassero nel campo. Restano lì, invece. Composti. Qualcuno scavalca, si avvicina a Di Lorenzo, lo invita ad andare a parlare con i capi che li aspettano. Una specie di convocazione. Una scena orribile, già patita, subita e sopportata la notte della tragedia di Ciro Esposito, quando all’Olimpico Marek Hamsik fu costretto a dialogare con Genny La Carogna. È surreale, glaciale ma Di Lorenzo avanza, da solo. E si avvicina alla grata. «Non siete degni, vi dovete vergognare, quella maglia non potete indossarla», gli urlano. Il difensore deve patire il sermone degli ultrà, il richiamo alle responsabilità. Il clima è pesante. Piano piano è Pasquale Mazzocchi il primo ad avvicinarsi, quasi a dare sostegno al suo capitano. È una contestazione durissima, violentissima sotto il profilo verbale. Un minuto, forse meno, di convocazione degli ultrà. Poi anche gli altri si accostano al settore ospite, strapieno come sempre di cuori azzurri. Nessuno ha lasciato il campo, anche Victor Osimhen ascolta gli insulti del popolo napoletano ferito da questa ennesima caduta. Di Lorenzo lascia la pista, si allontana lentamente, la squadra fa lo stesso e va verso lo spogliatoio. Il coro riprende. E quel «i campioni dell’Italia siamo noi» è diventato un coro di odio-amore «la vergogna dell’Italia siamo noi». 

La contestazione

Mazzocchi racconta quei momenti, prova a ridimensionare il sermone degli ultrà, la convocazione sotto la curva, come se fosse stata una cosa normale. «I tifosi fanno tanti chilometri e sacrifici per stare al fianco alla squadra, è giusto ascoltarli. Sono arrivato quando è arrivato Mazzarri, è una squadra che era in difficoltà e sto cercando di mettere quanto più entusiasmo alzando l'intensità degli allenamenti». Racconta ancora: «Non è un buon momento, stando fuori soffro tanto e oggi per me era un'occasione importante ma ieri sera non sono stato tanto bene. Nel secondo tempo il mister mi ha chiesto e gli ho dato l'ok per entrare». Intanto, spariti i calciatori, lo stadio piomba in un silenzio irreale. Aurelio De Laurentiis, visto il gran freddo di Empoli, ha seguito gran parte della partita nello spogliatoio, davanti alla tv.

Ha raggiunto la squadra poche ore prima l’incontro, era certo che la sua presenza avrebbe aiutato a far comprendere l’importanza dei tre punti. Va via in anticipo rispetto al 90’, non vede “la convocazione” degli ultrà al capitano azzurro. Gliela raccontano solo quando è già in auto, direzione Firenze. Perché in serata deve già essere a Roma. Lui da tempo ha avviato un particolare nuovo corso nei rapporti con il tifo organizzato. Subito dopo gli scontri con i tifosi dell’Eintracht, decise di incontrare i capi ultrà al Britannique. Mettendo fine ad anni di rapporti tesissimi e continue contestazioni. Ieri, a parte qualche «meritiamo di più», la società è stata risparmiata dai cori ostili degli ultrà. Che sono arrivati ad Empoli in massa. Ed erano già sul piede di guerra: sono infatti rimasti in silenzio fino al 15’ giù le scale della curva, poi sono saliti prendendo posizione solo dopo un quarto d’ora e lanciando sulla pista qualche fumogeno.

 

Il clima è pesante, la squadra non reagisce i cori sono interminabili. Tutti contro. Non c’è mai un momento in cui gli ultrà sostengono la squadra. La rottura è totale: un anno fa era un amore senza fine. C’è persino Luciano Spalletti ancora sugli spalti, come domenica scorsa con il Frosinone: il selezionatore è con Domenichini, ma a fine gara fa molta attenzione a esprimere giudizi su questo Napoli. Anche se molti tifosi in tribuna non fanno che avvicinarsi per incitarlo, fargli i complimenti. Lui fa solo qualche smorfia e null’altro. Del suo Napoli non c’è praticamente più nulla, neppure le macerie. 

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