Mazzarri e il Napoli, patto per l'Europa prima di dirsi addio

L'orgoglio di Walter: «So quanto siamo forti»

Walter Mazzarri
Walter Mazzarri
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Martedì 6 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 19:35
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Meglio i ragazzetti (Mazzocchi, Lindstrom, Ngonge) dei ragazzoni (Politano, Mario Rui, Simeone). Il Napoli si leva la paura in un pomeriggio di enorme sofferenza. Con una di quelle rimonte tanto care a Mazzarri, il suo marchio di fabbrica. Anche per soffrire servono metodo e applicazione: quello che conta è non farlo invano. Adesso il futuro torna a sorridere. 7 punti nelle ultime tre partite consentono a Mazzarri anche di respirare: ovvio, sa bene che De Laurentiis lo osservava preoccupato. Ma sa anche che il suo campionato inizia il 18 febbraio, quando farà il suo ritorno dalla Coppa d'Africa, Osimhen. Già, se dovesse arrivare in finale e vincere il trofeo, gli verrebbero concesse altre 48 ore per festeggiare a Lagos, altrimenti rientrerebbe a Napoli già tre il 13 e il 14 febbraio. Senza altre deroghe. Intanto, i tabloid inglesi impazziscono dopo le frasi di De Laurentiis: sì, sarà un'asta estiva per la stelle nigeriana. Chi arriva prima alla clausola rescissoria da 120 milioni se lo porta a casa. Psg, Chelsea e Arsenal sembrano avere un passo in più, in Liga solo il Real Madrid potrebbe consentirselo ma ha scelto Mbappé. 

Piace parlare alla squadra a Walter Mazzarri.

Viene da un calcio del passato e non è questione di carta d'identità. Rudi Garcia ha solo qualche anno in meno ma di discorsi ne faceva pochissimi. Mazzarri no: si sente come lo zio dello spogliatoio e prova a mandare via i fantasmi dalla testa della squadra. Ma non è vero che si fa imporre le scelte dai saggi del gruppo, non è vero che sono quelli della vecchia guardia a decidere se giocare a 4 o giocare a 3. Lo fa lui, con i consigli del braccio destro, Frustalupi. Magari parlando ad alta voce con il team manager Santoro nel solito ristorante sul porto di Pozzuoli, “Europa”. Sa di essere un traghettatore, ma anche lui si gioca tanto: non gli va di fare il pensionato a San Vincenzo, questi mesi gli sono serviti per capire che ha voglia di allenare ancora. Non a Napoli, perché De Laurentiis è orientato verso altri lidi. Lidi italiani, ma che non hanno il suo nome. Ma prima vanno raggiunti gli obiettivi. Ecco, Mazzarri lavora parlando alla squadra come se fosse un terapeuta e non l'allenatore: «Sono qui per aiutarvi a raggiungere i traguardi che meritate», ripete dal primo giorno del suo approdo a Castel Volturno. Ovvero almeno il quarto posto. «Perché avete un tricolore sul petto e io ho visto cosa siete capaci di fare, so quanto siete forti». 

Ha lasciato il Maradona vedendo i suoi ragazzi festeggiare per la rimonta. Quei sorrisi sono la linfa giusta per preparare la trasferta a Milano. Gli piace l'idea di avere De Laurentiis al suo fianco, un patron che si fida di lui e che gli lascia carta bianca per decidere tattica e calciatori. La paura è stata una compagna di viaggio ingombrante negli ultimi tempi: non la paura dell'esonero, ma quella del fallimento. È felice perché la squadra lotta e si fida di lui: e, anche se non è vero, ha l'impressione che sia così. In lunghi momenti il Napoli contro il Verona sembrava paralizzato, ad esempio all'inizio del secondo tempo. Non essersi lasciati ingoiare dai fantasmi è un merito importante per gli azzurri. Ed è un merito che si attribuisce. Stavolta nessuno è stato presuntuoso, i cuori hanno tremato il giusto ma non per pavidità e i tre punti sono stati sacrosanti. Passi avanti ce ne sono stati: la difesa non si è sfarinata, i duri di centrocampo hanno ridato volume alla squadra, Kvara ha trovato la magia del colpo che fa la differenza. Perché sono i calciatori che decidono la partita, quando il gioco non c'è. È contento che dopola settimana tipo la squadra ha corso per 95 minuti: si tiene stretto il lavoro fatto da Pondrelli anche sotto il profilo della preparazione fisica, perché non lo dice più ma la parte atletica è quella che più lo ha preoccupato all'arrivo a Napoli. Ma c'è una cosa che lui è convinto di aver, lentamente, restituito al Napoli ed è la forza mentale, la robustezza psicologica di chi non può prendere un gol e quasi sentirsi offeso, ma subito dopo rialza la testa e ha voglia di spaccare il mondo. Ecco, è proprio questo che più gli piace. I numeri parlano chiaro: con Garcia, preso il gol il Napoli andava a picco. Con lui, sono arrivate le reazioni. Con il Cagliari, dopo il pari di Pavoletti al 72’, il gol-vittoria di Osimhen al 76’. Con la Salernitana, dopo il vantaggio di Candreva la rete di Rrahmani al 96’. E l'altra domenica con il Verona, dopo aver visto il baratro con Coppola, la rimonta e la parabola magica di Kvaraskhtelia all'87’. Gli piace da morire vincere così. E poco importa se per il momento, meglio i giocatori del gioco. I giocatori sono tanti e quasi tutti fortissimi. Se abbiano la stessa fame di un anno fa, la risposta è no. Ma Mazzarri è convinto che, piano piano, anche quella tornerà. 

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